Una cosa che devi imparare a tenere in considerazione è che al mondo non sei da solo. Anche tu credi che i risultati che ottieni dipendano esclusivamente da quanto lavori bene? Mi dispiace ma sei fuori strada.
Se sei curioso di sapere perché non è sufficiente rigare dritto per avere successo sul mercato, ti conviene drizzare bene le orecchie e trasformarle in parabole militari in grado di captare ogni mia parola. Spero tu sia pronto per la sconvolgente notizia che sto per darti…
Quando ti lanci o operi con la tua azienda in un mercato, non sei assolutamente da solo. Ci sono altri imprenditori che lavorano come te.
Ecco. L’ho detto. Lo so, è un trauma. Ma che tu ci creda o meno è esattamente così. Non sei l’unico. Non ancora, almeno. Perché è importante esserne consapevoli? Semplicemente perché determina il tuo successo o il tuo fallimento sul mercato.
Lascia che ti spieghi. Uno dei pilastri che devi tenere SEMPRE in considerazione, quando crei e/o gestisci il tuo business, è che i risultati si ottengono anche in funzione della concorrenza. Cosa vuol dire? Vuol dire che, per capire quanto stai andando bene in termini di risultati (ossia di fatturato), è importantissimo quello che fai tu, ed è altrettanto importante quello che fanno i tuoi concorrenti.
I tuoi risultati dipendono ANCHE da quanto sono bravi gli avversari che ti trovi ad affrontare. A prescindere da cosa fai, ti troverai in 2 situazioni completamente diverse in base a come lavora la concorrenza. Se non sai fare marketing, i finali possibili sono due: o vieni messo al rogo in tempi brevi dalla concorrenza perché loro sanno come ci si muove sul mercato, o sopravvivi perché anche gli altri non hanno idea di cosa devono fare.
In ogni caso, hai visto come i risultati che ottieni dipendono non solo da te, ma anche dagli altri. Qui in Italia, per tua fortuna (si fa per dire), è possibile restringere il campo degli scenari di mercato a un’unica situazione: nessuno sa fare marketing.
Uno degli elementi principali che conferma che nessuno sa fare marketing è la diffusione del terribile errore che viene commesso dalla stragrande maggioranza delle imprese esistenti. Qual è? L’estensione di linea.
Magari ti stai chiedendo perché dovrebbe interessarti. È presto detto. I motivi sono principalmente due. Il primo è che, molto probabilmente, stai commettendo anche tu questo errore. Il secondo è che, molto probabilmente, lo stanno commettendo anche i tuoi competitor.
E lo sai cosa vuol dire questo, vero? Vuol dire che, se te ne accorgi in tempo e riesci a correggere la traiettoria del tuo modo di fare business, magari riesci a fargli mangiare la polvere e prenderti il posto che meriti nella società.
Ti senti pronto per una lezione speciale totalmente gratuita di branding? Esatto, per stavolta offre Frank. Ma non farci l’abitudine! Innanzitutto, vediamo insieme (brevemente) che cos’è l’estensione di linea. L’estensione di linea consiste nell’utilizzare il proprio brand su prodotti che appartengono a un’altra categoria.
Un esempio eclatante di questo fenomeno si verifica da sempre all’interno della Samsung. Il colosso coreano è solito apporre il suo marchio su qualsiasi prodotto tecnologico risulti a portata di stabilimento. Ora, perché questo è un errore? Perché, come dico sempre ai miei studenti, l’estensione di linea va completamente contro una delle principali regole base da tenere bene a mente quando ci si occupa di marketing: un prodotto, un brand.
La maggior parte delle aziende, invece, fa il contrario. Crea un brand e poi ci infila sotto quanti più prodotti possibile. Tutti quelli che gli vengono in mente.
Supponiamo che tu e la tua concorrenza basiate la vostra azienda sull’estensione di linea. In questo caso, nessuno di voi sa fare marketing. Tutto sommato qualche risultato lo riesci a portare a casa comunque. Ma purtroppo, questo non dipende da te.
“E da cosa dipende allora?”
Se riesci a chiudere (con fatica) in positivo alla fine dell’anno, dipende dal fatto che anche i tuoi competitor non sanno cosa vuol dire fare marketing. Non è che stai ottenendo risultati grazie all’estensione di linea. Stai ottenendo risultati nonostante tu faccia estensione di linea. È molto diverso. E indovina da cosa dipende il fatto che sei ancora in piedi? Eeeeesatto! Dalla concorrenza.
Hai fondato il tuo business su un errore monumentale come l’estensione di linea. E sta andando bene SOLO perché i tuoi competitor hanno fatto la stessa cosa. Devi aprire gli occhi e renderti conto che hai costruito il tuo piccolo impero su una bomba a orologeria. E le bombe, prima o poi, scoppiano. Eccome se scoppiano.
Se arriva qualcuno che sa davvero fare marketing e conosce i segreti dietro alla realizzazione di un vero brand, ti spazza via come l’atomica su Hiroshima. BOOM!!!
Devi sempre tenere presente che, tendenzialmente, i risultati (fatturato, money, cash) della tua società dipendono soprattutto dal fatto che i tuoi competitor non hanno idea di come farti mangiare la polvere. Ma appena entra in scena qualcuno che sa che in guerra si va con i carri armati e non con le pistole a pallini, ti fa vedere i sorci verdi. E lì sono cavoli amarissimi!
“… Ah si?! … E allora dimmi un po’, perché la BMW fa l’eshtenzion’ d’ linea e shta ancora in piedi, eh? Come lo shpiechi?”
Ok. Vediamo se riesco a mantenere la calma e darti una risposta. Fammi respirare profondamente due secondi… Calma. Prima di risponderti, ti dico che io e te non possiamo andare d’accordo se continui a paragonare la tua azienda alla BMW. Non puoi prendere ad esempio le giganti rosse del mercato e dire: “Se lo fanno loro lo posso fare anche io”.
Ho una brutta notizia per te: non sei la BMW e quindi NON puoi comportarti come lei! “Ah no? Epperché no?” Molto semplice. Ha fantastilioni di dollari da poter bruciare in errori stupidi. Tu no. Quindi, la BMW può permettersi di fare errori. Tu no. Inoltre la BMW ha, per sua fortuna, un brand che la tiene in superficie nonostante gli errori che vengono commessi. Tu no.
Ma visto che ti sei fissato con la BMW ti faccio un altro esempio al riguardo, così ti metti l’animo in pace, ok? Tanta gente mi chiede: “Frank, cosa ne pensi di BMW?” E io, con la calma di un grizzly che non mangia da due settimane, rispondo così: fa una idiozia dietro l’altra. “Eh, ma fattura un sacco!” Dio dammi la pazienza, perché se mi dai la forza faccio un macello.
Cosa abbiamo detto prima? I risultati di una società, anche se commette degli errori catastrofici, dipendono pur sempre dai sui concorrenti. E, guarda caso, tutti i competitor di BMW, come Audi e Mercedes, fanno esattamente le stesse cose: estensione di linea. A colazione, pranzo e cena. Ecco perché non si muove niente. Ecco perché BMW “fattura un sacco”. Sono tutti lì a darsi pacche sulle spalle e a fare a gara a chi ha il portafoglio automobili più ramificato.
Il contesto cambierebbe drasticamente nel momento in cui una delle tre cominciasse a fare un gioco di focalizzazione. Vediamo proprio il caso di una famosa auto che rappresenta l’ennesima estensione di linea della BMW: la “serie 7”.
Non so se l’hai vista. In breve: è una macchina bellissima. È un’astronave. È fantastica. Ti piace o non ti piace, ma in generale è una bella macchina. È veramente spaziale, all’avanguardia, raggiunge un livello di tecnologia che può sfidare tutte le altre automobili in circolazione. Ma ha un problema ciclopico: è una BMW.
“Perché dovrebbe essere un problema?”, ti starai chiedendo. È troppo grande per essere una BMW. Costa troppo per essere una BMW. Quanto costa? Te lo dico io: siamo sui 150.000 euro. Ma secondo te, io vengo a spendere 150.000 euro per una BMW?!
BMW nasce e diventa famosa come la compatta tedesca piacevole da guidare, sportiva. Non come il Millennium Falcon di Star Wars. La “serie 7” non rappresenta il brand BMW. Entiendes? È un altro brand. È completamente un altro brand. È un’estensione di linea. Quindi è un errore. Ma, come ti ho già detto, se gli altri fanno gli stessi errori, si riparte nuovamente da zero.
Mercedes comincia a fare i SUV, Audi i piroscafi e BMW le astronavi. Continuano tutte a fare estensione di linea e non si riescono a muovere da lì. Continuano a darsi le manate a occhi chiusi, come tre bambini di quattro anni quando litigano. Senza guardare. Senza ragionare. Così, a casaccio.
Ecco come BMW dovrebbe entrare nel mercato delle macchine tecnologiche di lusso senza distruggere il suo brand principale, e come tu puoi (e devi) fare ogni volta che ti viene in mente di infilarti in un’altra categoria. La cosa interessante è che BMW potrebbe tranquillamente produrre quel tipo di macchina, con dei risultati fuori dall’ordinario.
Ti ricordi la regola base per creare un business model di successo che abbiamo visto prima? Te la riporto qui per comodità: un brand, un prodotto. Pensaci bene. Cosa succederebbe, per esempio, se BMW tenesse il brand fino alle serie 4, che è quella sportiva di media categoria, facesse quello, e poi dalla serie 4 in su creasse la “sua Lexus”?
Vuole fare macchine grandi, lussuose e tecnologiche? Può farlo. Ma deve creare un altro brand. Deve fare come ha fatto la Toyota. Cosa ha fatto la Toyota? Ha creato la Lexus. Se la BMW prendesse la serie 5, la serie 6, la serie 7 e le togliesse dal catalogo BMW e creasse un altro brand focalizzato, magari schiaccerebbe la concorrenza.
Non è difficile: basterebbe prendere la serie 7, che è un’astronave, e focalizzare un nuovo brand su quel tipo di macchina. Il focus della serie 7 è il top della tecnologia. Se dai un’occhiata al livello tecnologico di quella macchina, ti rendi conto che è veramente un’astronave.
Non solo. Quel tipo di tecnologia non ce l’ha nessun’altra marca al mondo. Sarebbe sufficiente creare un altro brand per entrare a gamba tesa nella nicchia delle macchine super tecnologiche. Se BMW creasse un brand attorno alla quella maledetta serie 7, potrebbe superare Mercedes e Audi, e avrebbe le carte in tavola per attaccare anche Lexus, che si trova nella stessa categoria. Però non lo fa. Continua a estendere la propria linea appena lo ritiene possibile.
“Sì, comunque le grandi aziende fanno questi errori e guadagnano milioni di euro.” Loro. Non tu. Sento che la mia pazienza vacilla, quindi cercherò di essere il più chiaro possibile. Ti riporto direttamente un pensiero di Al Ries, il mio maestro di branding.
Al Ries spiega questa cosa in maniera molto semplice. Per farla breve, se tu sei il leader di mercato e sei un’azienda multimilionaria, ti puoi permettere di fare errori di marketing per decenni senza pagarla o non pagarla tanto. Poi è normale che, se continui per sempre, vai a sbriciolare gli sforzi passati per costruire il brand.
Ma tutto questo non dipende dalla qualità del tuo prodotto o da quanto sia intelligente il tuo direttore marketing. Il direttore marketing è un tizio preso e messo a sedere su una poltrona da 2.500 dollari, e non sa niente di come l’azienda sia arrivata lì. Inserito all’interno di quel meccanismo, all’interno di quell’azienda, sembra un genio. Il fatto è che, appunto, SEMBRA un genio. Ma non lo è.
Un anno fa uno 0,5 % in più, un anno fa un 2% in più… Ma non si capisce il perché. Cosa ha determinato questi risultati? Il brand. È il brand che continua ad andare, anche se il direttore marketing prende una cantonata dietro l’altra. Il tizio deve solo ringraziare che l’azienda riesca a sopportare la serie di errori che commetterà senza collassare, almeno nel breve termine.
Purtroppo c’è un grave problema riguardo la gestione di un brand (specialmente nel bel paese): nessuno sa cosa vuol dire “fare branding”. Nessuno tranne chi studia con me, dato che il concetto di branding in Italia ce l’ho portato io, ma questa è un’altra storia …
In Italia abbiamo una malattia che colpisce senza pietà la maggior parte delle imprese. Qual è? Sto parlando del fenomeno “Cantacessi”. Che significa? Significa che le persone sono abituate a chiamare l’azienda con il nome del brand (e viceversa), creando solo un sacco di confusione tra i brand e l’azienda.
Tu invece devi vaccinarti da questa malattia e metterti in testa che l’azienda non è MAI il brand. Prendi ad esempio la Procter&Gamble. La Procter & Gamble è l’azienda, ma i prodotti marcati col nome di questa azienda non esistono. Il motivo è che Procter & Gamble è il nome dell’azienda e NON è il brand.
Ora probabilmente starai pensando: “Si ho capito, ma non deve andare troppo bene: chi ce l’ha la roba della Procter& Gamble in casa?”. Più o meno ognuno di noi. Tutti. Anche tu. Ma non lo sai. Non lo puoi sapere. Perché? Perché, se vai a prendere i prodotti singolarmente, non c’è scritto sopra Procter & Gamble! Sono brand scorrelati dal nome dell’azienda che li distribuisce.
Procter & Gamble ha il suo brand per lo shampoo. Per lo spazzolino. Ha il suo brand per il colluttorio: si chiama Listerine (non si chiama Procter & Gamble Collutors). Negli USA ha il Tide. In Italia lo conosciamo come Dash. Ma tu non sai che il Dash è della Procter & Gamble, perché non c’è scritto sopra.
Il prodotto è un brand. Non l’azienda. Il Dash è un brand. Non la Procter & Gamble.
Vuoi un altro caso di scelte infelici di marketing? Prendiamo quel genio che è arrivato alla Red Bull e un po’ di tempo fa ha cominciato a lanciare la Red Bull gialla, rossa, verde, blu. Anche qui siamo di fronte a una clamorosa estensione di linea. Ed è un errore. Non va fatta. È cacca pupù.
Tuttavia, il prodotto originale probabilmente non ne ha risentito a livello di vendite (puoi stare tranquillo che se continuano a sbriciolare il loro brand per un altro ventennio, questa cosa della Red Bull gialla può diventare un problema).
Sei curioso di sapere perché, almeno fino ad oggi, la Red Bull originale non ne ha risentito a livello di vendite? Forse perché tutto sommato è stata una scelta giusta? … O magari… è stata una buona mossa di marketing? Sbagliato!
È perché, per assurdo, i suoi competitor sono messi come la Red Bull a livello di marketing. Vanno avanti a estensioni di linea. Ecco perché la Red Bull riesce a rimanere in piedi. Se ci fosse anche solo un competitor che decidesse di giocare la carta della focalizzazione, nel tempo Red Bull verrebbe asfaltata al suolo come il cemento sotto una fresatrice stradale.
Ma, disgraziatamente, stiamo parlando di uno messo a guidare il marketing della Red Bull che ha avuto come idea di lanciare un arcobaleno di idiozie che non riesci a darle via neanche se le regali. La lattina di Red Bull “gialla” non la vendi. La cosa più triste è che questo gentiluomo non capisce che il fatturato che fa l’azienda non c’entra niente con lui.
È lo stesso brand, Red Bull, che permette alla società di ottenere determinati risultati. Non il direttore marketing. Lui conta come lo snowboard quando vai in spiaggia. Però non glielo puoi andare a dire, perché ti dice: “Oh, ma io lavoro alla Red Bull. Io sono laureato ad Harvard”.
La cosa che mi fa arrabbiare è che se io prendo quello stesso direttore marketing e, per esempio, lo metto in centro a Lugano, a gestire dei cessi a gettoni, lui fallisce perché è un imbecille. È finito. Non c’è neanche da parlarne.
È ovvio che, se sei nato da genitori milionari, stiamo giocando a uno sport diverso. Facciamo così: partiamo tutti e due con mille euro sul conto e vediamo quali sono quelli che si moltiplicano. Io punto su di me. Non lo so tu.
Dopo questo sfogo personale, necessario per aprirti gli occhi, fammi un favore: tutte le volte che vedi la grande pubblicità, la campagna di marketing del secolo… ricordati che non ha nulla a che vedere con la roba che funziona. Tanto meno con le strategie che funzionano per te.
Per concludere, quando vuoi seguire l’esempio delle grandi aziende, assicurati che siano aziende che applicano le leggi immutabili alla base del marketing e che si avvicinano (almeno parzialmente) alla tua condizione imprenditoriale. In particolare:
- non cercarle in un settore dove fanno tutti estensione di linea, che è uno dei più dolorosi (e comuni) errori del branding;
- non prendere ad esempio delle società che possono commettere errori senza doversi dichiarare fallite il giorno dopo.
Non devi guardare loro, devi ragionare in maniera diversa. Non te lo devo ripetere che non sei la BMW, vero? Bene. Prima di lasciarci, voglio regalarti un altro consiglio che puoi applicare immediatamente alla tua azienda. Ti anticipo che è un principio che rappresenta una colonna portante di tutti i miei business (e detto tra noi, se non lo stai applicando, stai lasciando VERAMENTE un sacco di soldi sul piatto).
Ecco il concetto chiave: è importante che le persone si facciano i capelli una volta ogni 15 giorni e tu devi mirare dritto a questo obiettivo se non vuoi chiudere per sempre!
No, non è un consiglio spassionato per aiutare i parrucchieri. Se hai un attimo di pazienza, scoprirai che è un principio che in linea di massima puoi sfruttare anche tu fin da subito nel tuo settore. Quindi continua a leggere.
Il quarto principio che utilizzo anche io per la creazione di un business model che funziona è il seguente. Il business, possibilmente, deve essere ricorrente. Cosa significa che un business deve essere ricorrente? Significa che:
- Le persone devono continuare a venire da te dopo il primo acquisto.
- Le persone non devono andare da qualcun altro ad acquistare.
Prendiamo ad esempio due miei studenti. Loro hanno un’azienda di produzione di zanzariere. Cioè: zanzariere. Io, come te, una zanzariera la compro e la cambio ogni dieci anni se tutto va bene. Se non ci viene detto che è rovinata, manco ci viene in mente di cambiarla, giusto? Okay. Come faccio a renderlo un business ricorrente?
Prima di tutto, rivoluziono completamente il business model. Se non sai cos’è, clicca qui e leggiti l’articolo dove spiego cos’è e perché è ancora più importante del branding.
Visto che probabilmente non hai ancora molta dimestichezza con i principi di business che cerco di trasmettere ai miei studenti, ti faccio altri esempi così ci capiamo meglio. Prendiamo i centri estetici. È evidente quanto i trattamenti estetici corpo, viso e i trattamenti che vengono eseguiti nei centri estetici siano qualcosa di ricorrente.
Cosa è necessario fare per rendere questo business ricorrente? Principalmente, sono fondamentali due cose:
- Continuare a convincere la gente a farsi i trattamenti.
- Convincere la gente a non andare a farseli da qualcun altro.
Quindi devo, prima di tutto, convincere la persona a farsi questi trattamenti. Poi devo convincerla a continuare a farseli (da me) … e mano a mano convincerla a farseli in maniera più serrata.
Altro esempio? Prendiamo i parrucchieri. Se ho un cliente che viene una volta ogni due mesi, devo continuare a convincerlo che tagliarsi i capelli è una cosa buona. Il mio obiettivo nel tempo diventa convincerlo che deve tagliarli più spesso. Una volta al mese. Ancora meglio una volta ogni quindici giorni. Sarebbe perfetto se venisse una volta alla settimana.
Mi rendo conto che tagliarsi i capelli una volta a settimana è un’esagerazione, ma il punto è che tu devi riuscire a massimizzare il numero di volte che una persona compra da te. Questo è il concetto che vale per tutti i business di questo tipo.
In alcuni casi, si può addirittura rendere un business doppiamente ricorrente. Per farla breve, al tuo business principale (ad esempio un centro estetico) combini un altro tipo di business: la rivendita dei TUOI prodotti. Quindi:
- Il trattamento glielo fai tu.
- Finito il trattamento, il cliente deve continuare a trattarsi con questo tipo di crema (tua), lozione (tua) e quant’altro. Deve continuare a comprare da te.
È la stessa identica cosa che spiegavo a un mio studente, che ha un’impresa di pulizie. Non è solo il concetto di pulizia che, come business, è intelligente da un certo punto di vista. Voglio dire: la roba si sporca! Gli uffici si sporcano. Le case si sporcano. Andranno pulite, giusto?
Una delle cose che puoi fare per creare il doppio livello di ricorrenza è creare dei prodotti private label, per la cura specifica (ad esempio) della casa. E quindi crei la TUA linea di prodotti da vendere insieme ai tuoi servizi di pulizia. Saranno prodotti per un particolare tipo di trattamento che è necessario fare periodicamente. E per inciso: gli vendi i tuoi.
Bene, hai già un sacco di materiale sul quale lavorare adesso. Non ti resta che rimboccarti le maniche e cominciare a riadattare e applicare i concetti di cui abbiamo parlato alla tua azienda.
Aspetta un attimo… Sento qualcosa… se fai un attimo di silenzio, puoi sentirlo anche tu. Lo senti? TIC TAC TIC TAC…
È il ticchettio della bomba sulla quale hai costruito la tua azienda. È il rumore della minaccia che grava sulla tua sicurezza finanziaria. Come dici? Vuoi imparare a disinnescare questa bomba ad orologeria e a costruire il tuo business su un terreno fertile anziché su un campo minato?
Preciso e chirurgico.
Non me lo ripeterò mai a sufficienza.
Grazie Loredana.
ciao Frank, ho 2 domande:
-io non faccio estensione di linea, ma i miei competitors si, in fase di trattativa come posso sfruttare questo vantaggio? Devo dire al cliente che loro sono meno bravi di me perchè sono generalisti mentre io faccio una cosa sola e quindi sono uno specialista?
-come faccio a far capire alle aziende cerebrolese che quando fanno un bonifico lo devono fare alla mia azienda e non al mio marchio? Sembra una minchiata ma ci tornano indietro un sacco di bonifici perchè mettono come beneficiario il nome del marchio ed ovviamente la banca non lo riconosce come cliente
ciao e grazie 1000
– Non lo devi sfruttare in trattativa. E’ troppo tardi. Devi imparare a fare marketing e fare in modo che il tuo marketing attiri a te clienti già educati alla tua specializzazione. Sei troppo indietro con i ragionamenti ancora. Pensi ancora al business come “produzione” – “andare a vendere”. Ti manca il pezzo in mezzo… quello più importante. Il marketing.
– HAHAHAHAHAHAH.
Quindi , alll’estero, non dovrei mai chiamare il mio locale ” Pizzeria Italia”…!! e dovrei far comprare, ai miei clienti, pomodro , mozzarella e salamini…?
Non ho capito la tua domanda.
Hai reso semplice un concetto complesso. Complimenti e grazie per i consigli.
Per una specifica campagna marketing, da che tipo di collaboratori, consiglieresti, dovrei essere coadiuvato? Grazie, a presto.
Fabrizio ciao! Dipende da che tipo di campagna marketing intendi 🙂 Non mi è possibile risponderti se non ho idea della strategia e del tipo di strumenti che vuoi utilizzare 🙂
Ciao Frank, se la BMW (o qualsiasi altra azienda) andrebbe a creare un nuovo brand attorno ad una nuova linea, non sarebbe svantaggiata nel proporsi sul mercato?
Se la risposta fosse no, quale sarebbe il modo migliore per fidelizzare i nuovi clienti?
No. Toyota ha creato il suo marchio di lusso attraverso Lexus che è appunto un grande successo. Fare auto di lusso a marchio toyota sarebbe stata una cazzata. Vale per ogni altro brand in circolazione.