Aprire un’ Attività da Zero

Aprire un’attività da zero è il sogno di moltissimi italiani che, nonostante la paura, i limiti della burocrazia italiana, la tassazione spesso ingiusta e una serie infinita di controlli che si possono ricevere su base quotidiana continuano a mettersi in proprio giorno dopo giorno.

Aprire un’attività e renderla sostenibile e di successo nel tempo però è un’impresa ardua e difficoltosa.

Secondo uno studio realizzato dall’Ufficio studi della CGIA, il 55,2% delle imprese chiude i battenti entro i primi cinque anni di vita.

Un dato del genere non può che far ragionare sui problemi insiti nell’aprire partita IVA, problemi che troppo spesso vengono trascurati da chi, a cuor leggero, decide di mettersi in proprio.

Un altro dato abbastanza allarmante è quello delle dimensioni delle imprese, infatti oltre il 95% ricade nella classificazione di “microimpresa“, cioè un’azienda:

  • sotto i 10 dipendenti;
  • entro i 2 milioni di euro di fatturato;
  • con profitti zero o quasi.

Diventa dunque fondamentale rispondere a una domanda: è possibile aprire un’attività da 0, superare i primi difficili anni di attività e far crescere la tua azienda?

Aprire un’attività da zero: come fare

Il problema che hanno tutti i neo-imprenditori è che essenzialmente sono dei tecnici o degli operai specializzati che si mettono in proprio, ma non hanno competenze imprenditoriali.

La stessa osservazione vale per i liberi professionisti , che siano medici, avvocati, architetti, che pensano che in nome della loro laurea si vedranno volare in tasca in maniera automatica dei clienti.

Il discorso è identico anche parlando di lavoratori autonomi non “laureati”.

Un idraulico, un meccanico, un elettricista pensano che saper fare bene il lavoro sia sufficiente, poi man mano la gente ne parlerà e col passaparola saranno sistemati tutta la vita.

Magari perché è com’è andata per il loro babbo o il loro nonno, ma oggi le cose sono un po’ cambiate.

Anche parlando di esercenti il concetto non cambia. Un parrucchiere apre la sua attività perché pensa di essere un bravo tecnico o una brava tecnica dei capelli.

Ma non ha idea di come si faccia impresa e si gestisca un salone. Stessa cosa vale per un’estetista ad esempio.

Chi apre un ristorante di solito lo fa perché pensa di avere una cucina particolare o di saper servire i clienti in modo particolare, ma non ha nessuna vera idea di come si mandi avanti un’impresa nella ristorazione.

Potrei andare avanti all’infinito con gli esempi, ma penso che ci siamo capiti; per essere certi tuttavia di essere tutti sulla stessa pagina, ricordiamo la definizione di imprenditore:

“Un imprenditore è un esperto di marketing che sa leggere un bilancio”.

Detto in termini semplici, un imprenditore è un esperto di come trovare clienti per la sua attività che prende decisioni sapendo leggere i numeri. Potresti avere un centro estetico enorme e infinitamente redditizio e non avere mai fatto una ceretta in tutta la vita, non conta che tu sia un bravo tecnico, conta che tu sia un bravo imprenditore.

Ma chi apre un’attività in Italia non lo fa in questo modo.

I neo imprenditori italiani sopravvalutano l’importanza della loro capacità tecnica e sottovalutano per la riuscita dell’impresa la loro completa impreparazione in campo imprenditoriale, cioè nel saper attrarre nuovi clienti.

Questo accade perché se esiste l’obbligo di prendere la patente di guida per guidare veicoli a motore, in modo da non causare danni a sé e a gli altri, non esiste invece in nessuna forma la “patente” per aprire un’attività in Italia.

Una volta per alcuni settori vi era l’obbligo di ottenere la licenza, ma parliamo di uno scoglio prettamente burocratico, non di uno scoglio basato sulle competenze presenti o carenti nell’imprenditore stesso.

In pratica aprire un’azienda non ha soglia di accesso o quasi.

Non vi è nemmeno lo scoglio di possedere il capitale in molti casi perché vi sono forme giuridiche come le società di persone che hanno capitale sociale minimo o nullo in realtà.

Quindi il mondo dell’imprenditoria italiana è popolato di una enorme fetta di “abitanti” che vanno in giro “guidando senza patente”.

E questo, sommato al fatto che fare impresa in Italia non è per nulla semplice né banale, comporta un’ecatombe di chiusure nei primi cinque anni di attività, ai quali sopravvivono solo la metà delle attività.

Aprire un’attività da zero dopo l’università

Se non so qualcosa, vado a scuola a impararlo, giusto? Questo è il ragionamento base di chiunque, la domanda da porsi quindi in questo caso diventa: “È possibile “studiare” a scuola il modo corretto di aprire un’attività?”

Vi è sicuramente la strada delle facoltà di economia e dei successivi MBA che male – potendoli frequentare e frequentandoli cum grano salis – non fanno.

Il limite innanzitutto è che sono un percorso lungo, con piani di studi limitati a fornire buone basi di amministrazione ma scarsi, obsoleti o addirittura controproducenti su tutto il resto.

Percorsi progettati e orientati a formare manager quindi dipendenti per grandi società piuttosto che imprenditori veri e propri.

Inoltre chi vuol fare impresa in Italia lo fa per motivi personali legati alla voglia di avere subito qualcosa di proprio, a un desiderio di riscatto e comunque, di certo, non ha voglia, tempo e risorse economiche sufficienti per rinchiudersi anni dentro un’università prima di avviare il suo sogno.

Chi frequenta le università a indirizzo economico non è animato dal sacro fuoco imprenditoriale.

Spesso parliamo di ragazzi spinti dai genitori o in vista del futuro ingresso nell’azienda di famiglia, o come possibilità di carriera come manager da qualche parte.

Ma nessuno spinge i propri figli all’università con la raccomandazione:

“Figlio mio mi raccomando studia tanto e laureati a pieni voti così domani il direttore di banca ti finanzierà più volentieri la tua azienda!”

Hai mai sentito un genitore dire una cosa del genere ai suoi figli? Io no. E comunque è una scemenza perché la banca non è affatto interessata al fatto che tu sia laureato o meno o che voti avevi a scuola, quello che conta per l’istituto di credito è più che altro quanti clienti arrivano nella tua attività giorno dopo giorno, quanto spendono, quanto margine ti rimane dalle loro transizioni, come lo investi e via dicendo. 

Ti assicuro che nessuno ti domanderà quanto hai preso in diritto privato. 

Aprire un’attività da zero con l’autoformazione

Hai visto dunque come la strada dell’educazione formale non sempre è possibile né particolarmente consigliabile o da considerarsi “autoconclusiva”, l’alternativa sulla quale vertono in molti è quella di studiare da autodidatta attraverso le infinite pubblicazioni sull’imprenditoria che trovi in giro.

Il limite di questo approccio è che tutti questi libri o quasi sono scritti da autori statunitensi, che non vivono certo su un altro pianeta, ma necessitano di un lavoro di adattamento geolocalizzato al tessuto imprenditoriale italiano che non è banale.

Stiamo parlando di due mercati completamente differenti, anche solo per dimensione; è rischioso, quindi, soprattutto per una persona che sta partendo o senza alcuna esperienza, prendere queste informazioni, comprenderne il succo, adattarlo alla realtà italiana e declinarlo per il suo settore.

Vi sono anche altri problemi come per esempio il fatto che la maggioranza di questi libri, compresi quelli che studi nelle università italiane per tornare al punto di prima, siano scritti da accademici che sostengono le loro teorie attraverso studi e ricerche e non attraverso esperienza reale e diretta in azienda.

D’altronde, anche i testi che si fondano sull’esperienza diretta, fanno comunque riferimento a anni di imprenditoria maturati in grandi aziende.

Nessun accademico, nessun professorone, né americano né italiano che scrive libri di economia e business administration, ha mai lavorato davvero in una microimpresa italiana. Non mentiamo su questo punto, la PMI non ha il budget per assumere l’accademico in questione.

Vi sono studi prestigiosi sul come fare impresa pubblicati dalla Harvard Business Press, dalla Stanford University Press e dalla Wharton School Publishing che io stesso leggo con avidità ogni volta che posso, ma che sinceramente e in tutta onestà sono molto distanti dai problemi del Bepi che deve “aprire la clera” a Carugate domattina.

Aprire un’attività da zero con i consigli dei “Guru”

Esistono poi libri dal taglio ancora più terra terra e divulgativo, scritti da giornalisti o ricercatori che “studiano” o intervistano gli imprenditori.

Seth Godin autore de “La Mucca Viola” e altri numerosi bestseller è un esempio. Robert Kiyosaki autore del celebre “Padre Ricco Padre Povero” è un altro esempio e Tim Ferriss, l’autore di “Quattro ore alla settimana” è un altro autore di successo che mi viene in mente ora.

In Italia testi del genere sono mitizzati oltre misura e gli imprenditori, in maniera più che mai pericolosa, guardano a questi autori come a veri e propri guru scesi dall’alto a dispensare leggi e universali e massime di vita.

La realtà è che al di là del loro business come autori di bestseller, non sono mai stati realmente imprenditori di grande successo, ma non è nemmeno questo il punto.

Come lettore di uno dei libri di questi autori, sono costretto a chiedermi se ciò che raccomandano abbia un senso per il neo imprenditore italiano che stia per aprire un’attività da zero.

Quanto rischio sono disposto a prendermi nell’affidare l’apertura della mia attività alle indicazioni di questi autori?

Se devo essere sincero io molto poca. Ho sempre tratto spunti da ogni libro che ho letto, ma partendo da conoscenze di business solide che mi permettessero di discernere il grano dalla paglia.

Se non avessi avuto una enorme etica del lavoro, leggere le strategie di Tim Ferriss sull’ingegneria della nullafacenza e il suo libro “Voglia di lavorare saltami addosso che mi scanso” mi avrebbero portato al fallimento in men che non si dica.

Se non fossi stato un esperto di posizionamento e branding, i testi di Seth Godin con le sue premesse corrette, ma corredate da conclusioni spesso erronee o incomplete, mi avrebbero spinto a cercare di emulare la Mucca Viola mettendomi penne di pavone in testa e una pelliccia di gnu sulle spalle per essere “Eccitante, straordinario e mai visto”.

Se mi fossi fatto prendere male da Kiyosaki avrei dovuto mollare tutto per compra-vendere case o darmi al network marketing, due attività nelle quali nemmeno lui ha mai avuto reale successo.

E via dicendo all’infinito.

Ognuno in generale sembra avere la sua formula per il successo che comprende praticamente sempre una tecnica segreta, un singolo elemento o altre diavolerie del genere, ma praticamente a tutti mancano (o magari semplicemente omettono di sottolineare per altri motivi) i veri fondamentali sui quali basare sul serio l’apertura di un’attività partendo da zero.

Aprire un’attività da zero ascoltando Frank Merenda

Innanzitutto io non credo che qualcuno dovrebbe realmente ascoltarmi, o almeno non nel senso comune del termine nel quale si intende “ascoltare un guru infallibile” o una roba del genere.

Penso però che ascoltare con mente aperta, ragionare con la propria testa e soprattutto testare, siano caratteristiche che un buon imprenditore o futuro imprenditore dovrebbe avere.

Ad esempio io penso che non vi sia un unico “modello” o carattere imprenditoriale.

Di solito l’imprenditore viene descritto come inarrestabile, sognatore, disposto a rischiare tutto, a bruciarsi i ponti e le navi alle spalle ecc.

La realtà è che alcuni sono così, ma la maggior parte no.

La maggioranza degli imprenditori non è Steve Jobs. Nemmeno io lo sono. E io non sono neanche Trump, Elon Musk, Renzo Rosso, Brunello Cucinelli, Giovanni Rana o Bill Gates.

La maggioranza degli imprenditori o dei neo-imprenditori e in particolare di quelli italiani ha queste caratteristiche, contrariamente a ciò che pensa la gente comune:

  1. non amano rischiare il proprio denaro;
  2. amano l’idea di essere il capo di sé stessi, ma non sono sicuri di essere bravi a fare realmente impresa;
  3. sono disposti a prendersi le responsabilità dell’azienda sulle spalle, ma non vogliono che qualcuno scopra i loro errori o li critichi per questi;
  4. a volte hanno buone intuizioni ma non hanno idea di come portarle avanti, con chi, in che modo e che risorse siano necessarie.

Se ti riconosci in alcune o nella maggioranza di queste affermazioni è probabile che gli approcci basati sui grandi sogni, sugli eroi che hanno rivoluzionato il mondo, sulle pillole magiche del successo imprenditoriale lette nei libri non facciano per te.

Ciononostante puoi comunque aprire un’attività da zero e avere successo.

Non serve essere un martire samurai visionario per portare al successo un’azienda.

Nel caso tu abbia qualche dubbio, te lo dico subito: non si può lavorare “quattro ore alla settimana”. Questo non significa nemmeno che tu ti debba ridurre per forza pelle e ossa dentro il tuo ufficio, divorziare da tua moglie e non vedere mai la luce del sole.

C’è da fare prima di tutto una precisazione…

Cosa intendiamo quando parliamo di “successo”? Il successo è qualcosa di diverso per ognuno di noi, quindi per comodità didattica qui useremo la parola successo per indicare un obiettivo preciso che ora ti spiego.

Abbiamo detto che il 95% delle imprese in Italia sono micro-imprese cioè:

  • sotto i 2 milioni di euro di fatturato;
  • sotto i 10 collaboratori/dipendenti;
  • con chiusura di bilancio a zero profitti o quasi.

Bene, da ora in avanti ci concentreremo nel portare l’azienda non a diventare la Apple, la Nike o la Coca Cola, ma semplicemente andare al “livello successivo” o avere un’azienda di “Secondo Livello” o “Fase Due”.

Arrivare al Secondo Livello significa portare la tua azienda dall’essere una micro-impresa con zero o quasi profitti a un’azienda che si attesta tra uno-e-mezzo e due milioni di utili all’anno.

Espresso in termini di fatturato e dovendo generalizzare perché ogni settore ha un EBIDTA intrinseco diverso, diciamo per comodità didattica intorno ai 10 milioni di fatturato. Per qualcuno può esser meno, per altri di più, ma serve giusto per darci un parametro di massima.

Quindi se vuoi creare la prossima Apple non è detto che tu debba ascoltarmi o prendermi come un “guru”. Non dovresti farlo comunque in generale.

Ciò detto, se parliamo di aprire un’azienda da zero e portarla a rimanere aperta come microimpresa e poi raggiungere la Fase Due, beh questo l’ho fatto e l’ho fatto fare a decine di miei studenti.

Non centinaia o migliaia. Non sono un pallonaro.

Ma diciamo che in Italia ho qualche tacca sulla cintura se si parla di portare le aziende fuori almeno dalla Fase Uno.

La cosa più interessante è che ho già fatto tutti i possibili errori in questo processo, ho buttato quantità di denaro spropositate a causa di quegli errori e avendoci sbattuto il muso più e più volte posso regalare a te i segnali stradali corretti che almeno ti eviteranno di andare a sbattere forte e farti male come me ne sono fatto io.

Parlo inoltre da ragazzo nato “povero”, senza conoscenze, agganci, né santi in paradiso.

Nelle ricerche che sono riuscito a trovare, solo il 6% degli imprenditori di successo è nato ricco, cioè con papà e mamma a dargli i soldini, i direttori di banca amici di papà dal fido facile e i contatti “giusti”.

Ovviamente in questo articolo non parlo né di loro né a loro perché ne sanno sicuramente più di me e hanno carte che io non mi sono mai potuto giocare.

Il 58% sono persone della classe media e un interessantissimo 35% (del quale io stesso faccio parte e la maggioranza dei miei studenti fa parte), di famiglia povera o estrazione proletaria.

Ecco, per me portare l’azienda al livello due dovrebbe essere l’obiettivo che chiunque, fortemente ambizioso o meno, dovrebbe darsi.

Se fai parte degli imprenditori che amano sognare, il livello due è la piattaforma di accelerazione dalla quale lanciare la tua azienda nello spazio.

Se fai parte degli imprenditori prudenti e senza grilli incredibili per la testa, la Fase Due rappresenta per te la soglia di “sicurezza” nella quale né la tua azienda, né i tuoi dipendenti, soci, collaboratori, né i tuoi cari sono a rischio bancarotta dalla sera alla mattina.

Rischio che hanno coloro che invece dipendono da un micro-imprenditore che si assesta sulla sussistenza, ma ancora non è in grado di generare utili che mettano in sicurezza l’azienda.

Aprire un’attività da zero partendo dai clienti del proprio ex-titolare

Una delle cause maggiori di fallimento delle imprese italiane risiede nella strategia con la quale vengono aperte che elegantemente possiamo definire “spin-off” o in italiano più corrente: “Ho lasciato il mio capo e gli ho fregato qualche cliente così parto già coperto”. 

Questo modo di mettersi in proprio è tipico in Italia e si basa sul fatto che molte persone, dopo aver passato un periodo di apprendistato/lavoro presso un’azienda, decidono di non voler più lavorare per qualcun altro e fanno il passo di creare la propria impresa.

Non sto dicendo che non sia una cosa straordinaria e bellissima, se si trattasse di andarsene in maniera pulita dall’azienda che ci ha dato comunque da lavorare per perseguire sogni, progetti, idee o ideali differenti.

Quello che invece purtroppo accade nella maggior parte dei casi è uno scenario abbastanza diverso.

Il novello imprenditore si racconta (a torto o a ragione) che il suo capo non lo apprezza abbastanza, che “se non ci fosse lui a mandare avanti la baracca qui salterebbe tutto”, “i clienti qui chiedono di me” e altre cosine del genere.

Come conseguenza inizia a raccontarsi che è giusto andarsene via rubacchiando qualche cliente al proprio ex titolare e così viene aperta la nuova attività.

In questo modo, si risolve il problema più grande di un’attività che apre realmente da zero che è quello di “trovare il primo cliente”, ma non si affronta la causa che porterà l’azienda neonata in difficoltà entro i primissimi mesi o al massimo anni dall’apertura.

Il problema di base rimane che se non sai fare nuovi clienti, questi non si materializzeranno sotto i cavoli né li porterà la cicogna.

Finiti i 5, 10, anche 20 che hai più o meno lecitamente rubato dal tuo ex titolare, come troverai i successivi?

Non sapendo come procurarti clienti nuovi, appena i clienti che hanno “tradito” il tuo ex capo faranno la stessa cosa con te, improvvisamente una fetta importante del tuo fatturato comincerà a mancare e la tua azienda si avvierà verso la “valle della morte” più velocemente o più lentamente a seconda dei casi.

Aprire un’attività da zero: uscire dalla Fase Uno

Di tutte le funzioni aziendali come sviluppo del prodotto/servizio, assistenza clienti, amministrazione, logistica e marketing, quella alla quale bisogna dare priorità assoluta sempre – ma in particolare quando si è una micro-impresa – è il marketing.

Le altre funzioni sono sicuramente importanti, ci mancherebbe, ma senza il marketing non ci saranno nuovi clienti, senza nuovi clienti non ci saranno vendite e senza vendite non avrai flusso di cassa positivo e senza flusso di cassa positivo non potrai pagare le altre funzioni aziendali.

Questo significa forse che devi fiammare soldi a casaccio su campagne online? Oppure che la scelta migliore sia quella di farti scrivere un libro, stamparne 1000 copie e spedirle a chi capita?

O ancora, montare una landing page infinita, lanciarci sopra traffico a pagamento e aspettare i clienti a braccia conserte?

Anche in questo caso la risposta è no. Quando parlo di marketing, intendo quello studiato numero per numero, quello in cui sai quali risultati aspettarti da una determinata azione, quanto ti costa un cliente, quanto tempo rimarrà con te e quanto spenderà per quel tempo.

Insomma, il marketing strettamente legato ai numeri della tua impresa.

Precisato questo, riprendiamo da dove abbiamo interrotto.

Senza marketing non c’è un flusso costante di nuovi clienti e senza un flusso costante di nuovi clienti una micro-impresa è condannata al fallimento.

Magari non domattina, magari non il mese prossimo, magari non fra un anno, ma è condannata.

Considerala come la regola numero uno quando apri una nuova attività da zero.

Prima di fare la tua prima vendita, la tua azienda non è né più né meno di una serie di idee prive di fondamento sulle quali stai investendo denaro.

Alcune di queste idee potrebbero essere buone e fattibili, altre potrebbero essere sciocchezze.

Non avrai idea di quali sono le buone idee e quali siano invece scemenze finché non comincerai a vendere il tuo prodotto o servizio.

Per idee parlo di cose terra terra come posizionamento, idea differenziante, strategie di prezzo, orari di apertura, livelli di customer service ecc.

Il fatto che tu abbia clonato il business del tuo ex capo e lo stia prezzando più basso perché non sai quale altro motivo dare ai clienti per sceglierti non ti garantisce di certo un futuro roseo.

Non è detto che il mercato sia pronto a recepire un clone di qualcosa di già esistente solo per il prezzo più basso. Ti piace pensarlo. Ti piace sperarci ma non è così. Per non parlare del fatto che se riesci a fare un prezzo più basso i motivi possono essere solo due:

  1. stai strozzando i tuoi margini; 
  2. stai abbassando la qualità del tuo prodotto o servizio.

Nel primo caso ti stai privando dei soldi da reinvestire in marketing e vendite e non avrai lunga vita davanti a te.

Nel secondo invece non passerà molto prima che i clienti si rendano conto di non voler avere a che fare con te.

E no, le “vendite” prima ancora di aprire fatte ai clienti del tuo ex-capo non valgono come indicatore della validità della tua azienda.

Quelle sono persone che già ti conoscevano e non per merito tuo nella maggior parte dei casi, le aveva tirate dentro il tuo ex-titolare o comunque i sistemi della sua azienda e poi te le aveva passate da “gestire”.

No, quella che conta per mettere alla prova la tua idea di business è una vendita ad una persona che non ti conosce né ha mai sentito parlare di te. Non c’è altro modo.

Puoi ILLUDERTI di andare avanti dopo aver rubacchiato qualche cliente al tuo ex titolare, dando anche fondo alla tua lista “amici, parenti e conoscenti nel settore” come farebbe un network marketer. Ma ti stai solo prendendo in giro.

Non stai realmente facendo impresa.

Stai facendo impresa quando hai una o più sorgenti di nuovi potenziali clienti su base costante, che arrivano a te tramite il tuo marketing e i tuoi sistemi di acquisizione clienti.

Altrimenti hai solo una micro-mini-impresa che sta in piedi con i “contatti” finché dura, prima di fallire inevitabilmente.

Questo è anche la ragione per la quale quando chiunque mi presenta un’azienda non mi parla nei primi dieci secondi di “come venderete questa roba e a chi”, smetto di ascoltare.

Se sei in USA puoi illuderti di fare la tua “startup” e inventare una scemenza innovativa che non vende realmente nulla e trovare comunque finanziamenti sul libero mercato del denaro e magari finire pure in Borsa.

In Italia o la prima cosa alla quale rispondi è “dove troviamo gente alla quale vendere questa roba e come gliela vendiamo”, o porti i libri in tribunale senza passare dal via e senza nemmeno i 20€ del Monopoli.

Riassumendo:

  • Il tuo problema principale quando apri un’attività da zero: non sai bene quello che stai facendo;
  • la prima sfida che devi prepararti ad affrontare: trovare la prima fonte di nuovi clienti utile e chiudere la prima vendita con totali sconosciuti;
  • la prima competenza che devi sviluppare: trovare clienti e vendere il tuo prodotto/servizio.

I quattro ingredienti imprescindibili per il successo imprenditoriale

Qualunque attività, impresa, azienda per quanto piccola o grande sia ha bisogno di quattro “personalità” per funzionare al meglio.

  1. Il marketer: l’esperto aziendale della nobile arte di trovare nuovi clienti.
  2. Il venditore: qualcuno che vada fuori o alzi il telefono per chiudere i contratti.
  3. Il tecnico: colui che migliora costantemente prodotto e servizio.
  4. Il mago dei numeri: colui che ha in mano il controllo dei numeri dell’azienda e che sa dire con certezza quale direzione l’azienda sta prendendo.

Ovviamente sopra ogni figura deve trovarsi qualcuno che si occupi dell’organizzazione di tutta la baracca.

Poi pare ovvio che vi siano altri “ruoli” fondamentali in azienda ma sono ruoli tecnici, come ad esempio chi si occupa di finanza e amministrazione, chi magari è addetto alla logistica nelle aziende produttive, ma non parliamo di “personalità”, ossia di ruoli chiave senza i quali l’azienda non può sopravvivere, bensì di mansioni che nel tempo vanno implementate con il crescere della struttura.

Quando ti decidi ad aprire un’attività da zero, se non hai un vero socio o partner è probabile che tu debba ricoprire tutte queste “personalità” in azienda e quindi occuparti di tutte o quasi le funzioni.

È ancora più vero se parliamo di un libero professionista o un lavoratore autonomo per esempio.

Man mano che la tua società cresce pare probabile che tu decida di coinvolgere altre persone per occuparsi di queste funzioni, ma almeno nelle prime due fasi dell’azienda e sicuramente nella Fase Uno devi ricoprire almeno un ruolo preciso.

Ma non siamo in America, non abbiamo a che fare con corporation gigantesche, dotate di chissà quale struttura. Ci sei tu, magari tua moglie, forse tuo cugino e insieme cercate di andare avanti nel miglior modo possibile.

Tendenzialmente tu sei il tecnico che implementa continue migliorie, il problema è che ti occupi solo ed esclusivamente di quello trascurando il resto, avrai in mano il prodotto migliore del mondo, ma nessuno saprà nemmeno che esiste.

Oppure, se tu fossi un laureato in economia,  avresti il focus solo sui numeri e vedresti il marketing come un costo inutile (considerando il marketing della web agency media avresti anche ragione).

Se fossi un marketer invece ti concentreresti solo sul fare campagne, lanci, materiali di marketing, senza badare più di tanto ai costi e al ritorno di investimento.

Il problema è che nessuno di questi aspetti può sopravvivere senza gli altri. Non puoi avere un prodotto che fa schifo, non puoi avere un prodotto ottimo ma nessun marketing a sostenere le vendite, non puoi avere un marketing che non è sostenuto dai numeri.

In poche parole non puoi prescindere da nessuna di quelle funzioni aziendali che ti ho descritto qualche riga fa.

Per quella che è la mia esperienza pratica sul campo, per ciò che ho fatto ottenere a chi mi segue e secondo la filosofia dei miei insegnanti questi sono ruoli che idealmente non puoi delegare.

Questo non significa che ti devi svegliare la mattina, metterti a scrivere, poi montare le campagne, dopo averne verificato i numeri ecc…

Significa però che non ti metti a dire cose tipo: “vorrei due etti di campagne e 4 kg di copywriting” e quando arrivano sul tuo tavolo annuisci fingendo di sapere di cosa sta parlando il fornitore di turno.

Al contrario, è fondamentale che tu sappia svolgere ognuno di quei ruoli che ti ho elencato anche per poter delegare quello che proprio non riesci a fare, ma con cognizione di causa.

Nelle prime due fasi non stai progettando un razzo nucleare. Non serve impazzire dietro l’organizzazione e mille procedure. E il tuo prodotto o servizio devono seguire la regola “buono è buono abbastanza” altrimenti non parti mai.

Guardami in faccia, ammettiamolo, non siete in 20 lì dentro e non c’è niente di male, è così che nascono e crescono le aziende.

Se avete bisogno del super-libro delle procedure ultra-dettagliato a questo stadio, significa che o tu non sei capace di parlare con i collaboratori o sei circondato da gente fuori ruolo che non sa fare il suo lavoro o non lo fa con la dovuta passione, grinta, dedizione e precisione.

Cioè hai scelto la squadra sbagliata per partire e quindi le procedure in ogni caso non ti salveranno.

Non è che le procedure e l’organizzazione non siano importanti, lo sono e pare ovvio, ma sono una scusa dietro la quale ci si rifugia troppo spesso per negare l’evidenza e cioè che non ci siano abbastanza potenziali clienti e nessuno stia vendendo come dovrebbe.

E se nessuno va a vendere ogni santo giorno, non ci sono soldi per inserire nuove persone e applicare le procedure, che finché siete in 4 o 5 stronzi in azienda il problema vero è che perdete un sacco di tempo perché non avete il focus giusto:

Trovare clienti e chiudere contratti.

Fine.

Più clienti trovi, più contratti chiudi, più hai risorse per assumere o coinvolgere altre persone in gamba e delegare parti del lavoro.

Se non hai soldi, devi reclutare gente sfigata, con zero esperienza, che invece di risolverti i problemi “va formata”, spesso per mesi, sottraendo ulteriori risorse ed energie a quelle poche che già hai a disposizione ogni giorno.

Capito questo, che se non trovi clienti e non vai a vendere, non fai soldi, e quei soldi vanno gestiti alla perfezione, che non significa essere tirchi, ma non sperperare le tue risorse a casaccio e misurare ogni singola azione che ti trovi a compiere… ecco compreso questo concetto sei già salvo dagli errori che in media fanno affondare una PMI.

Questo non significa che tu debba necessariamente scrivere ogni annuncio, ogni pezzo di copy, progettare anche tecnicamente tutte le campagne online e offline e andare a vendere in prima persona.

Ma devi capire :

  • come il tuo business crea il suo fatturato;
  • da dove arrivano i clienti;
  • come si usano i vari media per trovarne di nuovi;
  • come scrivere copy specifico per il tuo settore e la tua azienda;
  • come posizionarti nei confronti della concorrenza;
  • quali promozioni fare;
  • quali offerte fare;
  • quali campagne fare;
  • conoscere perfettamente i numeri della tua azienda per fare in modo che qualsiasi azione che compi sia un investimento e non un costo;
  • vendere finché non creerai sotto di te una squadra in grado di farlo secondo le procedure che avrai creato.

E no, non sono competenze delle quali puoi non occuparti sperando di delegare a “un’agenzia di marketing” il compito di comprendere queste cose per te e “trovarti clienti”.

Queste sono le competenze centrali della tua azienda. E devono rimanere parte dell’azienda. Se non le padroneggi tu non sarai in grado di portare la tua attività alla Fase Due e oltre successivamente.

Non sarai in grado di delegare queste competenze al personale interno che si occuperà del marketing né addestrare gli eventuali fornitori alle parti operative delle campagne che vorrai affidargli.

Lo so che la pigrizia e la tua zona di comfort ti assalgono con: “Ma io so fare il prodotto, poi c’ho già da parlar col commercialista, andare in banca, sta cosa del marketing non la capisco… pago uno e fa lui!”

Non funziona così. È come se volessi delegare a qualcuno il compito di respirare per te, o mangiare per te. Non è possibile.

Questa in sintesi è la competenza finale e definitiva di un vero imprenditore che voglia aprire un’azienda da zero e portarla almeno alla Fase Due: la capacità di stanare clienti, e stimolare le vendite a piacimento e fare tutto questo basandoti sui numeri reali della tua impresa.

Tutte le competenze sono importanti per sviluppare un business di successo e io per primo, in quanto italiano, sono un perfezionista e la prova è che pur avendo un team addestrato a generare il copy come desidero, sono qui a scrivere di persona questo ennesimo report formativo perché dato che rimarrà a navigare nel web a imperitura memoria, voglio che esprima alla perfezione il massimo che sono in grado di condividere ora, in questo momento della mia crescita.

Ma nessuna competenza, nessuna, sarà mai in grado di eguagliare quella di fare marketing, cioè trovare costantemente sempre più clienti per la propria azienda e stimolare le vendite.

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  1. Luca Scarpellini
  2. Alessandro Rota