Oggi niente teoria. Facciamo parlare le azioni. In particolare quelle di Claudio, un studente di Metodo Merenda. Sono certo che la sua case history ti risulterà estremamente utile, oltre che lasciarti folgorato.
Devi sapere che Claudio, diversi anni fa, ha avuto la malsana idea di aprire un colorificio in provincia di Asti. Più precisamente, a Nizza Monferrato.
Ma cos’è un colorificio? È un cavolo di capannone con delle vetrine, dove entri e ci sono delle tristissime latte di vernice. Come gli è venuto in mente di aprire un colorificio nel bel mezzo del nulla? Non voglio assolutamente avventurarmi in quella valle oscura.
Ahimè, all’interno del capannone, nascosto in mezzo alle latte, si cela un problema.
Il problema è che le stesse latte di vernice le trovi dall’altro rivenditore due, tre, quattro chilometri più in là.
Claudio è venuto da me in cerca di una soluzione per sistemare la sua azienda, così mi ha esposto il suo modello di business. Al che ho cominciato a sudare freddo. Se avessi una coscienza, quello sarebbe stato il momento in cui avrei accusato un rimorso per avergli fatto pagare la consulenza.
E adesso cosa insegno a questo tizio? Gli insegno a vendere di più? A costruire un brand? A diventare un’autorità? A scrivere copy? A gestire i numeri? Che cosa possa insegnare a uno che sta a Nizza Monferrato…
Ha un bacino di utenza costituito da tre case e un campanile, su chi può fare le campagne di marketing a risposta diretta? Su quei quattro gatti dei monferratesi?
E poi cosa vuole brandizzare? Cosa brandizza, se i prodotti non sono suoi? “Il primo colorificio che apre presto la mattina!“. Che cosa vuoi brandizzare? Ti rendi conto che non c’è modo?
Okay okay… mi ricompongo.
Ma non mi ricompongo neanche più di tanto. Ho poco da ricompormi! È il business model di Claudio a non avere alcun senso.
Non c’è niente da brandizzare. Anche se Claudio fosse andato da Al Ries, avrebbe beccato un: “Torna pure a casa tua! Che cosa vuoi brandizzare? La rivendita di prodotti che hanno altri, che poi la gente può comprare dalla concorrenza a pochi metri di distanza?”.
Quindi non è colpa della crisi o dell’invasione delle cavallette… Semplicemente, il business model non ha ragione di esistere. Non riesci a cavarci niente.
Perciò, dopo il primo momento di sconforto, in cui ho pensato di Claudio tutte le peggiori cose possibili (ovviamente scherzo, se avessi altri 10 studenti come Claudio, potrei conquistare il mondo con la mano sinistra)…
Insomma dicevo… ci siamo rimboccati le maniche e, insieme a Claudio, abbiamo trovato la soluzione al rebus.
Qual era la soluzione in questo caso? Un prodotto Private Label.
Cosa vuol dire? Significa avere un prodotto con il proprio marchio.
Quindi il brand sul quale abbiamo lavorato non è il colorificio. Il colorificio non è scalabile. È geolocalizzato in una zona piccola. È un business privo di senso.
Che cosa è scalabile invece? Un prodotto. E quindi lo abbiamo creato in private label, utilizzando una formulazione particolare.
Fai bene attenzione. Claudio non ha aperto il capannone con il laboratorio chimico che fa la vernice. Si è fatto produrre una vernice. Sono due cose diverse. Claudio è proprietario del brand… NON dello stabilimento!
È il brand quello che conta. È il brand che ha valore e cresce nel tempo in maniera esponenziale. Non lo stabilimento. Non il processo di produzione.
Ci sei? Il brand di Claudio è “Pinkaolin”. Pay off: “Più bianco in meno tempo con la formula segreta al caolino”.
Si tratta di una nuova vernice particolare, che copre molto di più in meno tempo.
Sarebbe il Dash delle vernici: “Fa più bianco”. Ti ricordi quella vecchia pubblicità nella quale una signora si rifiuta di scambiare il suo Dash con due fusti di detersivo scadente della concorrenza? Ecco, è la stessa cosa. Al posto del detersivo abbiamo la vernice, ma il concetto di fondo non cambia di una virgola.
Il visual hammer che abbiamo utilizzato è il colore rosa shocking. Per quale motivo? Perché sugli scaffali di un negozio di vernici, un muro di latte rosa shocking sicuramente si vede. Risalta e permette al prodotto di Claudio di spiccare in mezzo agli altri. La latta è bianca. Il rosa shocking dell’etichetta è il visual hammer.
Sfruttare il colore della confezione è infatti uno dei modi per creare un visual hammer. Noi, in questo caso, abbiamo optato per la sua creazione in termini di colore, perché deve essere qualcosa di visivo, dal momento che si tratta di un prodotto da esposizione. Quindi il packaging è molto importante.
Allo stesso tempo, però, non volevamo cambiare il formato del packaging. Avremmo dovuto abbandonare la latta tonda e farne una quadrata. Sarebbe stato eccessivo. Per questo motivo, abbiamo puntato sul fattore colore come visual hammer.
Inoltre, abbiamo inserito una forte garanzia. “Ma come, la garanzia sulla vernice?”. Certamente, è un passo obbligatorio.
“100% Garantito. Soddisfatto o rimborsato. La prima pittura garantita al 100%”. Funziona così: tu vieni, prendi la latta, la porti a casa, la provi, ci fai una parete di tot metri e se non ti piace l’effetto sulla tua parete, me la riporti e ti ridò i soldi (oppure prendi un’altra latta delle vernice che preferisci).
Come vedi, neanche il settore delle vernici è differente. Funziona esattamente allo stesso modo di tutti gli altri.
Sopra la latta abbiamo inserito addirittura lo storytelling. La storia a fumetti di come è stata creata casualmente la formula. C’è tutta la storia:
“La nostra fornitura è andata a male, ci siamo sbagliati, c’è caduto questo ingrediente nel fustone e, invece di uscire fuori il Joker di “Batman”… è uscita fuori una vernice particolare. L’abbiamo provata per sfizio, prima di buttare tutta la fornitura – ed è emerso che teneva meglio, era più idrorepellente e quant’altro. Quindi abbiamo deciso di commercializzarla.”.
La storia viene spiegata con un fumetto sulla latta.
Forse ti stai chiedendo come abbiamo scelto il nome del nuovo brand…
Si chiama Pinkaolin perché abbiamo creato la crasi: “Pittura al caolino”. Quindi abbiamo utilizzato la parola “pink” in mezzo per riagganciarci il visual hammer, in modo che fosse più semplice.
Et voilà… questo prodotto è in vendita all’interno del negozio di Claudio. All’inizio l’ha fatto in maniera artigianale. Ricordo quando mi mandava i filmati di lui che attaccava singolarmente le etichette sulle latte.
Adesso le fa produrre e arrivano già pronte. Non so se te ne rendi conto, ma Claudio con Pinkaolin è passato dall’essere intrappolato nella peggior attività di questo mondo, a essere proprietario di un brand a prova di bomba, costruito attorno a un business model fantastico, assolutamente scalabile e senza alcun limite di espansione.
Significa che può essere tranquillamente esportato in tutto il mondo. Questa è la potenza del branding applicata a un business model che abbia un senso. Questa è la magia dei concetti, che svelerò ai partecipanti di Marketing Merenda, che si crea quando queste formule finiscono nelle mani di una persona con gli attributi, come Claudio.
La metto giù male. Se domani il negozio di Claudio dovesse fallire… per lui non sarebbe un problema.
Hai capito bene. Il suo negozio potrebbe anche fallire e lui ne verrebbe sfiorato solo di striscio. Com’è possibile? È possibile perché in questo gioco NON è importante il singolo punto vendita. Il modello si può replicare in tutta Italia.
Posso decidere se cederlo eventualmente a dei distributori e si può vendere tranquillamente in tutto il mondo. Per un imprenditore, questo significa avere in mano l’asset più importante che consente di dormire finalmente sogni tranquilli (e di gloria allo stesso tempo). Perché il prodotto ha una formulazione particolare, c’è il codice segreto, ecc…
Ho creato un brand che può essere duplicato e scalato in tutto il mondo. L’obiettivo è l’espansione a livello mondiale. Non significa comportarsi da fanatici. Significa semplicemente avere la consapevolezza che questa è la funzione dei brand: essere esportati in tutto il mondo.
Adesso ci arrivano le latte. Procediamo con i vari test all’interno del primo centro. Poi cominceremo a venderlo fuori. Avvieremo la distribuzione. Poi, mano a mano, potremo andare anche negli altri Paesi europei. E così via…
Ma non è finita qui. C’è un piccolo particolare di cui ancora non ti ho parlato, ma che sono certo potrebbe destare il tuo interesse, visto che è di una certa rilevanza. Infatti, uno degli aspetti interessanti di questa operazione è che Claudio in precedenza, vendendo le vernici di altri all’interno del suo negozio, a parità di latte vendute aveva un margine del 20%.
Su Pinkaolin, lui ha un margine del 70%.
Quindi, ogni volta che vende una latta della sua Pinkaolin, è come se ne vendesse tre e mezzo di quelle che ammorbavano il suo magazzino in precedenza. I suoi margini sono passati dal 20 al 70%. Mica male!
Per capirci, significa che può vendere un terzo e comunque guadagnare più di prima. In questo modo, ha messo in sicurezza il suo business. Claudio adesso ha tra le mani un business fantastico, sul quale costruire il suo futuro!
Il negozio è diventato il centro pilota dal quale partire. È diventato uno strumento, non il fine ultimo della sua attività.
Il brand è infatti il tuo patrimonio. Ha un valore che aumenta nel tempo. Il negozio no. Chi te lo compra un negozio? Per quale motivo ti dovrebbero comprare? È più semplice farti fallire e aprirti di fianco.
Spero che ti renda conto, una volta per tutte, che un negozio che vende roba di altri NON ha valore. Il tuo brand sì.
Se domani volessi fare cash-out, come ha fatto Grom ad esempio nel 2015, devi avere il tuo brand. Non c’è differenza tra il gelato e la vernice. È la stessa cosa. Entrambi i business si basano sulla creazione di un brand forte. Grom ha creato l’esperienza di farti sentire fighetto mentre mangi un gelato da loro, piuttosto che in una gelateria del paesiello. Hanno creato quello, non altro. Tutto lì.
Tutti possono creare un brand seguendo l’esempio di Claudio? In teoria sì. A livello pratico, però, è necessario possedere alcune caratteristiche fondamentali, che separano Claudio da una moltitudine di imprenditori che non riusciranno mai a raggiungere i propri obiettivi.
Innanzitutto, Claudio ha accettato che io gli dicessi senza peli sulla lingua: “Il tuo business non ha ragione di esistere al mondo. Se vuoi portare a casa la pelle, c’è bisogno che facciamo un altro gioco”.
La maggior parte degli imprenditori non avrebbe accettato questo dato di fatto e tutto sarebbe stato inutile. Le persone, in generale, vogliono ottenere risultati diversi continuando a fare le stesse cose. Questo non è possibile. Puoi far finta che sia fattibile quando scrivi il tuo copy per attirare un po’ di gonzi, ma quando si tratta della tua vita e di fare i conti con la realtà, sappi che tutto ciò non è possibile.
Claudio si è rimboccato le maniche, ha trovato i fornitori e ha fatto tutto ciò che serviva per dare vita a Pinkaolin. Applicare il principio “Non lo facciamo, non lo vendiamo”, non significa mettere in piedi un laboratorio chimico e farsi la vernice da soli. Claudio non ha fatto questo, se le fa produrre in private label. Quindi o sei un produttore (ma non è necessario), o ti fai realizzare prodotti a marchio tuo da terzi, che seguiranno la tua formulazione e le tue indicazioni.
Per oggi siamo in chiusura, ma prima di lasciarti voglio assicurarmi che la lezione di oggi ti sia ben chiara. Devi vendere SOLO cose che promuovano il tuo brand.
L’unica cosa che ha davvero valore in un’azienda, è il brand. Se sei rimasto affascinato dalla storia di Claudio, sogni di costruire la tua azienda secondo i principi corretti e vuoi partire alla conquista del mondo con il tuo brand, allora è tempo di passare all’azione.
I tuoi sogni possono divenire realtà, ma nulla accadrà se rimani fermo a rimuginare seduto sul divano. A breve terrò un corso al quale parteciperanno tutti quegli imprenditori affamati di risultati e battaglieri che, come te, vogliono dimostrare che il momento economico sfavorevole, la crisi, eccetera, sono solo delle scuse accampate da chi non sa fare impresa nella maniera corretta.
Il corso si chiama Marketing Merenda e, se vuoi raggiungere il prossimo livello come imprenditore e far prosperare la tua azienda oltre i tuoi sogni più reconditi, non puoi assolutamente mancare.
Ciao Frank,
se è valido il principio “non lo facciamo non lo vendiamo” per avere un business scalabile e brandizzabile, come spieghiamo il successo delle grandi catene commerciali indicate nel libro “Focus”? Per prenderne una a caso, TOYS ‘R’ US non vendeva i propri prodotti quando ha fatto il salto e all’inizio non aveva i giocattoli in esclusiva. Si era semplicemente focalizzato sui giocattoli e poteva offrire più varietà a prezzi concorrenziali.
Ciao Alessandro,
Toys r Us nel 1998 (tre anni dopo la stesura di Focus) venne sorpassata nelle vendite di giocattoli da Walmart e poco dopo calò dal 25% del totale dei giocattoli venduti in USA al 15%. Oggi é ormai in grandissimo e inesorabile declino.
Le considerazioni da fare sono 2 quindi:
1 A prescindere da tutto, se rivendi roba non tua con la strategia del potere di acquisto, ci sarà SEMPRE uno più grande di te disposto a entrare nel tuo settore e sbragare ancora di più i prezzi. E quando succede, come per la catena summenzionata, sei fottuto. Al Ries lo ripete in continuazione che l’ampiezza di gamma NON è una strategia e che la puoi usare solo se sei il più grosso e il più ricco. TrU l’ha pagata cara.
2 Questo è ancora più vero se pensiamo a una PMI italiana che non ha il capitale sociale manco per cambiare lo zoccoletto in tutti i muri. Fallo con la tua PMI o peggio il tuo negozietto e vieni spazzato via alla velocità della luce.
Just a stupid thing.
Grazie per la risposta
Frank scusa,
I cinque passi chiave della formula Toys R Us che Al Ries scrive su Focus:
-Restringere la focalizzazione
-Variare assortimento
-Compra a basso costa, vendi a basso costo
-Domina la categoria
Come possono essere applicati allora? Nell’ottica di produttore e non di rivenditore beni altrui?
Grazie
Ciao Marco. Non mi sembra di star spiegando fisica nucleare. Li applichi esattamente così, con il vantaggio che il brand di ciò che vendi é tuo e quindi hai il controllo. Non ti attorcigliare sù 😉
Grazie mille 🙂
Ciao Frank, leggo continuamente i tuoi post e mi stai aiutando a cambiare radicalmente il mio approccio al business, ma non sono ancora riuscita a capire come i principi di cui tu parli possano essere applicati al settore dell’assistenza domiciliare di impianti di riscaldamento…
Ciao Antonella. In realtà non è difficile, anzi. E’ un servizio, quindi lavorando sulla differenziazione puoi creare un brand fore piuttosto facilmente (i tuoi concorrenti non sono marketer, sono dei tecnici delle caldaie).
In più è un business ricorrente, può avere più fonti di entrata (sostituzione pezzi, vendita caldaie nuovi, vendita prodotti nuovi ecc…).
Di base si presta benissimo. Se puoi vuoi capire sul serio e non sei solo “curiosa” allora ti tocca venire al meraviglioso Marketing Merenda e prepararti a fare secchi tutti i tuoi concorrenti. Trovi la promo qui==> http://www.marketingmerendacorso.com
Inizio venendo all’appuntamento del marketing fa schifo tour di Napoli! Ti ringrazio ci vediamo presto 🙂
Perfetto allora! Ci vediamo il 5 Marzo!
Ciao Frank.
Lavorando nell’ambito della moda, creare un brand e applicarlo a dei prodotti fatti da altri è abbastanza semplice.
In questo caso però non ho ancora il controllo, perchè il fornitore potrebbe consegnare in ritardo e soprattutto perchè gli stessi, fanno prodotti che seguono la moda e che non hanno caratteristiche tecniche innovative o particolari.
Esempio se vanno di moda stivali a punta, tutti fanno stivali a punta, varia magari la qualità, ma dal punto di vista del branding…non trovo differenze da comunicare…
Perché ragioni sulla moda e non da marketer. Qual’è la nicchia che vuoi aggredire invece che pensare a “come fare una scarpa di moda”?
L’italiana GEOX dovrebbe farti capire che nel tuo settore le cose da fare sono tante, invece che inseguire la forma delle scarpe.
Grazie Frank. Rivoluzionare un lavoro che si fa da moltissimi anni non è facile, ma tassello dopo tassello ho iniziato a cambiare le cose. Ci vediamo a Riccione per poter avanzare ancora!
p.s. l’audio che hai messo a disposizione è fantastico (e duro da mandar giù come al solito…)
:))
Ciao Frank,
Sono una rivenditrice di prodotti informatici… Hardware e software… Come Claudio ho un negozio di prodotto di altri… Questa cosa mi inizia a stare un po’ sul cavolo… Ragionando e riflettendo dalle tue email ho capito che se non voglio chiudere bottega devo cambiare “qualcosa” per non dire tutto dato che dopo 15 anni di attività al solo pensiero mi fa sentire uno schifo… Però ho deciso di farlo… Ho frequentato VV e da lì è partito tutto il mio malessere lavorativo… La strada che stavo percorrendo non era quella giusta… Ho applicato i tuoi consigli sul marketing… Ma come dici tu…. Che cavolo vuoi promuovere più di tanto se quello a un kilometro da me vende le stesse cose…. Sicuramente il mio servizio è migliore… Ma questo al mio cliente non basta più…. Deciso ciò ho una idea in testa che da giorni non mi lascia più spazio ad altre cose…. Vorrei creare una linea di accessori per computer tipo cavo usb, video rete, mouse, tastiere, casse Audio e tutti gli accessori che sono correlati al personal computer…. Ci sono tante aziende in Italia che rivendono questi tipi di prodotti ma sono tutti pessimi a livello di pakaging e di rapporto qualità prezzo… Mi trovo costretta ogni volta ad acquistare un cavo da una azienda i mouse da un altra è così perso tantissimo tempo alla ricerca di qualcosa di decente… La cosa che non mi piace che parlando di esposizione nel negozio non ho una omogeneità di prodotto ognuno fa il suo pakagin di merda e diverso… (Non so se ho reso l’idea) mi piacerebbe diventare io rivenditore di una linea di accessori … Tu che ne pensi? È’ una cagata o una cosa in qui posso iniziare a pensare ad un plan per analizzare fino in fondo la capacità di rivendita?
Ciao Lucia, se non è un problema “solo tuo” ma é una cosa “sentita”, mi sembra una ottima strada da esplorare. Ovviamente servono numeri e non percezioni ma così a orecchio mi sembra una buona idea 🙂
Ciao Frank,
Prima di tutto complimenti per l’articolo e per tutto ciò che fai!
Spero tu possa sscogliere un dubbio in merito a questa questione:
Se vogliamo applicare il concetto del all’interno di un normale negozio di strumenti musicali, un’idea potrebbe essere quella di creare un nuovo brand di es. chitarre elettriche di liuteria e spingere il negozio su quel proprio brand.
Ma come si può rendere scalabile il business, se si resta legati al “genio” di un liutaio nel negozio? Come si potrebbe credere in estensione?
Grazie Frank,
Ci vediamo a Napoli! 😉
E’ una idea sbagliata. Ha differenziazione ma non ha magnitudo. Devi creare eventualmente lo “stampo” ma poi deve essere “stampabile” a volontà. Fatto a mano non è un business.
Quindi industrializzare i processi e renderli replicabili facilmente! 🙂
Mi hai confermato quanto credevo! 🙂
Ti ringrazio, ci vediamo a Napoli!
Errata corrige:
… il concetto del “private label”…
Errata corrige 2:
Crescere in estensione…
Il concetto è chiaro. Se rivendo un brand finisco per fare pubblicità a quello piuttosto che alla mia attività.
Ma non è così radicale a mio avviso. I rivenditori ci sono sempre stati, e ci saranno sempre. In tutto il mondo. Ho lavorato nell’export e quando introducevo il mio prodotto mi facevano due domande: la prima era quali azioni stavo facendo per far crescere il mio brand. E la seconda era quale esclusiva territoriale ero disposto a mettere sul contratto.
In Italia il “brand” medio è pressochè sconosciuto, gestito da incompetenti che per anni hanno venduto perchè non vendevi solo se eri un coglione, e hanno l’idea che più negozi ce l’hanno meglio è per loro (fanculo chi rivende).
Rivendere non è sbagliato. E’ diventato più difficile sì, ma tutto è più difficile oggi se fai quello che fanno tutti. Ma sono contrario al fatto che uno possa rivendere solo quello che produce perchè quello è sbagliato. Togliamo tutti i concessionari d’auto?
Ivano i concessionari d’auto vendono un brand con una esclusiva territoriale. E’ una scelta loro. Non è “sbagliato”, è semplicemente insicuro e inscalabile.
Insicuro:
Il tuo brand viene sputtanato da una cazzata della casa produttrice
Viene lo tsunami come in giappone e la Toyota non ti manda più le macchine
La tua zona/città si vuota di clienti target
Ecc…ecc…
Il tuo business non é “scalabile”. Hai la tua bottega con le auto e stai lì. Non puoi espanderti. Rischi solo che il business si contragga e sei soggetto alle oscillazioni di mercato. Non hai controllo del marketing centrale…
Ecc…ecc…
Puoi farlo. Posso insegnarti a vendere sicuramente meglio e a promuoverti meglio nella tua zona. Come no.
Ci investirei come uomo di business in un concessionario? No. Perché il business model é stupido e a rompermi il culo 20 ore al giorno il mio tempo lo investo in business migliori.
chiaro. da quel punto di vista, il discorso non fa una piega. grazie.
Ciao Frank ti seguo ormai da qualche mese e ho provato in questo periodo a mettere in pratica alcuni tuoi consigli pero con pochi risultati, forse perché ancora mi conoscono in pochi visto che l attività ce l ho da quasi 5 anni e non ho un negozio ma un laboratorio in un capannone, praticamente come Claudio.
Comunque la mia attività si basa sull’acquisto di abbigliamento neutro che poi rivendo ai clienti personalizzandolo come loro vogliono con ricami e stampe…
Io vorrei distinguermi anche perché non voglio più trovarmi nella situazione in cui il cliente chiede altri 4 preventivi ad altri e poi sceglie quello che costa meno perché ci ritiene tutti uguali, è ovvio che la concorrenza fa dei prezzi inferiori ai miei ma perché io sono strutturata per fare piccole quantità! Non so se forse è il caso di creare una linea d’abbigliamento mia da poter proporre ai clienti che comunque la possono personalizzare questo pero credo che sarebbe molto oneroso per me…. Tu cosa ne pensi, credi ci sia un modo per distinguersi in questo campo? Grazie!
Sei una terzista. Il tuo business è destinato al fallimento, a meno che tu non ne prenda il controllo. Certamente c’è un modo per distinguersi, come in tutti i settori. Solo che tu hai “sempre fatto così” e quindi ti sembra la normalità un sistema di business che purtroppo è insensato.
Ciao Frank
volevo chiederti se eventualmente Claudio avesse bisogno di venditori (in Calabria) del suo prodotto.
Come potrei contattarlo?
vai su http://www.pinkaolin.com
Scusate se mi intrometto ma potrebbe cedere (pagando ovviamente )l’esclusiva di Brand per alcune province se un altro produttore rispettasse la scheda tecnica originale?
Grazie
Ciao Frank, ti seguo da un pò ed ho acquistato tutti e tre i libri che consigli, ma per l’ennesima volta mi hai messo in crisi, nel senso la mia attività nello specifico riguarda l’installazione di impianti antifurto principalmente, impianti elettrici insomma installazione dii impianti.
capisco il brandizzare sarò io che sono duro di comprendonio ma come potrei brandizzare i miei servizi, nel mio campo c’è tutto e di più c’è la ditta che fa solo allarmi, quella che fa un po tutte le installazioni, ci sono quelle che stracciano il prezzo, per mè è un bel rompicapo.
faccio un esempio anche decidessi di per esempio farmi fare una centrale d’allarme appositamente per me da una ditta costruttrice non avrei mai almeno nell’immediato il volume d’affari per ottenere dei prezzi competitivi, questo insomma era un esempio.
spero in una tua gentile risposta grazie ancora e continua così.
Luca
Luca non è colpa mia. Sei tu che ti sei messo in un business che non è difendibile. O meglio, in un business nel quale vendi roba di altri che la possono vendere anche attraverso altri canali e quindi hai sempre qualcuno addosso che ti straccia il prezzo.
Hai essenzialmente due chance: rimanendo in piccolo sceglierti un fornitore che abbia un brand con una idea differenziante molto forte e prenderlo in esclusiva per la zona nella quale vuoi rimanere.E fare marketing su quello. Non mi fa impazzire ma siamo nella situazione “meglio un cazzotto in bocca che tre cazzotti in bocca”
La seconda è quella di ragionare in grande e creare qualcosa che possa espandersi oltre la tua città in modo da generare affari almeno su base italiana.
Fine.
Detto tra me e te, quello che ha il business dalla parte del manico del coltello (quello furbo per intendersi) é chi ti vende la roba. La tua parte di business é quella che non ha senso.
Ci mangi certamente, onestamente certamente, ma non vai da nessuna parte con quell’azienda.
Con tutti i rischi annessi e connessi per il tuo bene, quello della tua famiglia ecc…
Quindi bene perché ti sei accorto che “non è il tuo settore differente”. E’ il tuo business che proprio è sbagliato, se lo lasci impostato come é oggi.
Un caro saluto.
grazie, mille frank putroppo del fatto che non ci siano sbocchi me ne sto amaramente rendendo conto. un saluto a te e a tuto il tuo staff.
Un caro saluto Luca. Oh, non ti demoralizzare 😀 Usa le tue competenze attuali per riflettere e rilanciare. Sei uno con i coglioni che invece che fare il falso invalido come l’italiano medio ha messo i coglioni sulla griglia e ha fatto l’imprenditore. Mica sei diventato scemo di colpo. Devi solo usare quella stessa grinta per “rilanciare” 😉
Grande articolo come sempre la storia di claudio e’ emblematica e replicabile .Svolgo l’attivita’ di concessionario settore acconciatori la strada di un marchio mio tramite il private label mi convince e mi affascina sempre di piu grazie ai tuoi insegnamenti la domanda e’ questa come puo’ un proprio brand sconosciuto a tutti con una marginalita’ pressoche ‘ identica (mi sono informato presso aziende terziste) eguagliare e superare il fatturato consolidato in dieci e passa anni di lavoro come concessionario di marchi gia’ affermati .? Grazie ci vediamo a Napoli
Facendoti il culo nella direzione giusta, e imparando a fare marketing che oggi non fai e non sai fare 🙂
Ciao Franz nel mio caso sono partito da un negozio che rivede marchi di illuminazione, associando anche l’installazione e gli impianti elettrici.
Da circa cinque anni ho aperto un commerce, come rivenditore ufficiale, ho in molti casi i prezzi imposti dalle Aziende che sono fuori da ogni logica e i rivenditori non ufficiali e i grossi marketplace (Amazon per dirne uno) riescono a fare una politica di prezzo più aggressiva. Nel tempo ho capito che i miei possibili clienti online sono quelli che si approcciano all’esperienza web ancora insicuri è necessariamente non cercano il prezzo stracciato (la differenza di prezzo spesso non é abissale).
Il mercato online dell’illuminazione é molto agguerrito ma cedere alla logica dei prezzi, come giustamente insegni, é un massacro.
Cosa manca al mio ragionamento? Sono sicuro che mi sfugge qualcosa.
Luigi
Ciao Luigi, manca avere un prodotto o una linea di prodotti TUA, con una idea differenziante chiara, che i clienti possano trovare solo da te o attraverso i tuoi canali.
Buonasera Frank, ho ascoltato con molta attenzione l’audio rilasciato e letto i vari casi che hai proposto.
Sono un piccolo imprenditore, abbiamo un’officina auto e moto. Creare una linea di prodotti nostra è pressoché impossibile in quanto mancano i volumi necessari ad avviare una produzione. Come potrei differenziarmi dai competitor? Purtroppo la mentalità del cliente medio è difficile da cambiare. C’è ancora l’idea “vado dal concessionario”. Abbiamo già provato con promozioni varie ma con scarsissimo successo…
Grazie mille per il tempo dedicato
Ciao Davide, ti viene in mente che se tu per riparare un’auto la debba vedere (e toccare presumibilmente) io debba fare la medesima cosa con la tua azienda?
I clienti hanno ragione. Vanno dal concessionario. Perchè tu non gli dai nessun motivo per fare diversamente. Anzi. Il concessionario è uno specialista a modo suo (tratta le auto monomarca o quasi). Tu sei un generalista, cosa che terrorizza le persone. In più non fai solo auto, ma anche moto. Ti manca solo che ripari pure i motopescherecci e sei a posto.
Pensa a car glass. Officine specializzate solo nella sostituzione dei vetri. Esempio di business focalizzato, riuscito e scalabile nel tuo settore. Finchè vuoi fare “tutto per tutti” così piccolo come sei, sei nei guai.
Grazie della risposta Frank, spero di riuscire a partecipare presto ad uno dei tuoi corsi. Buona giornata
Grazie a te Davide.
Buonasera Frank,
in questi mesi, cercando di seguire i consigli del blog, sto cercando di cambiare business model.
Sono, ad oggi, un rivenditore di detersivi e articoli per la pulizia.
Ho capito però di non avere un futuro, per cui ho ridotto i prodotti che vendo (solo detersivi concentrati e solo agli hotel), sto rifacendo il sito, facendolo diventare un blog e concentrandomi su una necessità che ha il mio target (spazi ridotti di magazzino, per cui faccio un servizio di consegna entro 24 ore dalla richiesta).
Il passo successivo è quello dei detersivi, e accessori per usarli, private label.
Le mie due domande sono:
1) da quel poco che ti ho spiegato, sto facendo una cavolata?
2) oltre alle sales letter, ci sono altri modi offline per “scaldare” i clienti che non cercano online e sono abituati ai loro fornitori?
Grazie per la risposta e scusa per la lunghezza
Produrre private label ha senso solo se puoi essere primo (o al massimo secondo) in una categoria e/o crearne una nuova. Non ha senso creare un clone di altri prodotti magari solo per rivenderlo a meno.
In generale ti posso consigliare di partecipare a una tappa de http://www.ilmarketingfaschifotour.com tra quelle rimanenti per risolvere i tuoi dubbi.
Ciao Frank,
sono un Idraulico, e la mia azienda ha alti e bassi, ultimamente piu bassi che alti, la crisi non c’entra una beata minchia, la crisi c’e l’ho io addosso e mi sto spaccando il cervello per potermi differenziare dalla concorrenza però mi risulta difficile, creare prodotti nostri e un po improbabile e difficile, devo differenziarmi sui servizi che facciamo, ma trovo difficoltà a trovare il modo di farlo, perchè il 99% della gente guarda il prezzo e non gli e ne fotte una minchia del resto..
so che un sistema c’e, e li che mi guarda ma non lo vedo!
se hai un consiglio te ne sarei grato..
scusa per la rottura di Maroni.
(il mio sito fa cagare devo sistemarlo)
Ciao
Daniele
Non saprei cosa dirti Daniele. Che tu trovi difficoltà a farlo mi pare ovvio, come tutte le persone di questo mondo che non sono esperte di marketing. Per questo si partecipa ai miei corsi, dove sommerso per giorni dagli stimoli giusti puoi arrivare a fare un’autoanalisi migliore di quella che puoi fare nel grigiore della tua quotidianità.
Non voglio venderti un corso, ne vendo già abbastanza normalmente. Ma la soluzione ai problemi degli imprenditori e al tuo è formarsi, non stare a piangere e “spaccarsi il cervello”.
Ti aspetto in aula se ci credi davvero. Di muratori, impiantisti e idraulici che si focalizzati e hanno ottenuto successo ne ho quanti ne vuoi. Ora tocca a te ==> http://www.marketingmerendacorso.com
Ciao Frank,
Tutto chiaro come sempre. Solo una domanda..
Ho capito che bisogna produrlo o Non venderlo e che produrlo non significa farlo nel vero senso della parola, ma rimanendo nell’esempio della vernice..
Come puoi avere il pieno controllo del prodotto con la maggior parte dei fornitori mongoloidi che magari sbagliano spesso le tue indicazioni e non rispettano le consegne?
C’è un metodo anche per questo o devi cercare finché non trovi il fornitore decente?
Scusa la domanda banale ma volevo capire
Grazie
La seconda che hai detto. Si chiama “impresa” non a caso 🙂
Ciao Frank nell’audio ” le 7 leggi del business” mi mancano 2 regole. Mi puoi aiutare.
1 non lo facciamo, non lo vendiamo
2 se non vendo un prodotto lo tolgo da catalogo
3 un brand, un prodotto
4 business ricorrente
5
6
7 segui il denaro
Grazie
Soglia di accesso, più modelli di entrata.
Frank è possibile brandizzare una pizzeria al taglio ? L identità differenziante bisogna cercarla nei servizi o nel prodotto? In questo caso pizza
Certo che si può. La risposta è “dipende”. Si può fare in entrambi i modi. Papa John lo fa sul prodotto, Domino’s lo fa sul servizio.
Ciao Frank,
da un anno leggo i tuoi articoli dopo aver partecipato al corso VV.
E’ giunto il momento di cambiare il mio business model, fino ad oggi a gestione familiare.
Io e la mia famiglia abbiamo da circa 50 anni un laboratorio di fragranze artigianali.
Siamo conosciute in tutta Italia ( grazie al passaparola e al sito) in particolare per una fragranza, quindi pensiamo possa essere questo il nostro prodotto.
La mia domanda è: come gestisco la parte artigianale in cui io creo profumi ad personam , sia per il singolo che per le aziende (terzismo di nicchia?)? Il mio focus è il profumo X (gia’ brandizzato) o il laboratorio di profumi artigianali (fatto a mano, stesso brand) con tutte le altre fragranze a seguito? Immagino di dover dividere le 2 realta’….
Spara a zero, siamo pronte e grazie per il tuo tempo e per il prezioso materiale .
Caterina ciao, ovviamente parliamo di due cose diverse. Il laboratorio di fragranze artigianali su misura non ho idea se possa essere “scalato” e ingegnerizzato. Mi sembra comunque la parte più complessa del business ma non la conosco a sufficienza. In generale quando però qualcosa è “su misura” e “personalizzato” storco sempre il naso per i problemi e i colli di bottiglia inevitabili che la “personalizzazione” comporta.
Quindi di base lavorerei nel creare fragranze “standard”, ovviamente con un posizionamento rilevante sul mercato e venderle. In particolare anche all’estero per avere una magnitudo maggiore.
Ciao Frank,
io ho da poco iniziato a lavorare nel settore dell’editoria online, più precisamente devo vendere spazi pubblicitari per un quotidiano online che pubblica notizie della provincia di Monza.
Secondo te a quale di tipo di target mi devo indirizzare? Perché ammetto che sto facendo grande fatica.
Uno dei punti di forza che mi sono venuti in mente, e che i nostri spazi pubblicitari non vengono intaccati dal famoso plugin Adblock (quello che “oscura” la maggior parte dei banner e delle pubblicità di Adsense), e questo è sicuro e testato.
Pero’ non so ancora bene come muovermi in questo settore! Puoi darmi qualche consiglio? Grazie, sei il top!
Ciao Paolo, il problema di vendere spazi è che non sono investimenti tracciabili. Se chi compra quegli spazi non ha un esperto di direct marketing all’interno, quella pubblicità offre solo “visibilità” fine a sè stessa e i clienti non rinnovano. anche quei pochi ai quali riesci ad appioppare qualcosa.