Ti do il benvenuto sul blog di Marketing Merenda con un articolo non troppo lungo. Non voglio che resti traumatizzato fin dall’inizio. Intendiamoci: il trauma posso assicurati che avverrà, ma per ora voglio cercare di essere abbastanza gentile e delicato. No delicato proprio non mi si addice. Teniamo buono solo gentile okay? 😉
Dunque su questo blog come sai – e se non lo sai te lo dico adesso – non tratteremo l’argomento della vendita intesa come la parte della trattativa uno a uno con il cliente ma ci focalizzeremo sulla parte dell’acquisizione clienti.
Ciò detto, quello che troverai su queste pagine va oltre. Infatti ti svelerò tutti quegli aspetti del business che sono fondamentali per far girare al meglio il sistema di vendita che insegno, ma che per forza di cose non trovano spazio all’interno di Venditore Vincente perché sono dedicate a chi, come un imprenditore o un libero professionista, può spaziare con libertà nelle strategie e nelle tecniche per acquisire più clienti per la sua attività.
Se sei un imprenditore che aspira a ottenere risultati eclatanti (ma anche semplicemente se vuoi evitare di venire schiacciato dalla concorrenza e dal momento economico in cui ci troviamo a operare), ci sono alcune basi fondamentali in termini di business che devi imparare a dare come scontate. Ogni business che vai a creare deve poggiare su queste basi!
Prima di continuare, chiarisco una cosa importante. Ci sono tante strategie che si possono applicare – praticamente a qualunque azienda – e migliorano di un po’ i suoi risultati. In realtà, però, i grandi risultati si ottengono solo cambiando completamente (o almeno in parte) il modello di business.
Perché? Perché la maggior parte delle persone hanno creato attività che non hanno senso! Punto. E’ come avere una gallina e provare ad attaccarci delle penne azzurre. Posso attaccargli tutte le penne azzurre del mondo, ma difficilmente diventerà un pavone. Il business NON funziona così!
La prima dote che devi avere come imprenditore è la voglia di cambiare tutto. Là dove necessario, devi avere quella lucidità mentale per non attaccare con la fissazione: “Ma perché mio padre; ma perché mio fratello; ma è l’azienda di mio nonno; ma per vent’anni siamo andati così; ma l’azienda di Ciccio Panzotta fa come me e funziona bene”.
Queste assurdità prima ce le togliamo dalla testa, meglio è. Lo sanno bene i miei studenti privati a cui ho distrutto completamente le aziende. Le abbiamo distrutte, gli abbiamo dato fuoco e le abbiamo ricreate. Nelle sessioni private o semi-private come le Mastermind, siamo andati a smontare completamente tutto il loro business… per farlo risorgere finalmente a nuova – ultra profittevole – vita.
Il primo passaggio è smettere di pensare alla tecnichina che ti risolve magicamente tutti i problemi, e cominciare a focalizzarsi sul come cambiare completamente la strategia aziendale. Come rifarla da zero. Devi approcciarti a questi concetti con la mente aperta e pronta a reagire positivamente agli stimoli. Significa che devi stare acceso col cervello. Non devi mai commettere l’errore di pensare: “Ah ma questo non c’entra con me”.
Devi avere quel minimo di elasticità mentale per capire come certe cose si applicano alla tua azienda. Non c’è il business differente. Non esiste: “Questa cosa da me non si può fare”. Magari non si può fare ESATTAMENTE così. Se quello frigge patate e tu devi vendere la vernice non è proprio la stessa cosa. Ma in realtà, il principio di base può essere applicato.
Se vuoi trarre il meglio dai miei insegnamenti, devi sviluppare una grande elasticità mentale. Si ottiene allenando il cervello a pensare e riflettendo sui concetti di cui parlo. E’ proprio come in palestra per gli altri muscoli, okay? Questa è la domanda che devi porti costantemente:
- Come posso applicare questa cosa alla mia azienda?
- Come posso traslare questa cosa nel mio modello di business?
Okay sono due domande. Ma come vedi il significato è esattamente lo stesso. Abituati a ragionare in questo modo e il mondo del business ti ricompenserà con l’accesso ai suoi più grandi tesori.
Ora ascoltami bene. Esiste un virus dal quale devi stare bene in guardia. E’ contagiosissimo e una volta che lo contrai è veramente difficile guarire. Rischia di uccidere per sempre le tue aspirazioni e i tuoi sogni da imprenditore:
- “Ah ma questa cosa non c’entra con il mio settore”;
- “Ah ma questa cosa nel mio settore non si è mai fatta”;
- “Ah ma questa cosa nel mio business non si può fare”.
D’ora in avanti sbarazzati di questo virus e cerca di capire quanto e come le informazioni che ti do possono essere traslate all’interno della tua azienda. Partiamo da un territorio comune: qual è, per esempio, il primo punto dal quale si parte sempre, in Venditore Vincente, il Sistema di Vendita che insegno? Qual è la prima cosa a cui devi pensare?
L’idea differenziante. Il Posizionamento. Quindi il Focus, o il Brand a seconda di come vogliamo definirlo. Il brand nel sistema di vendita è al primo posto. Il come vado a posizionarmi sul mercato. Questo, quando si fa impresa non è del tutto vero. O meglio, è verissimo… il problema è che non è il punto numero uno dal quale partire.
Bella sorpresa eh? Proprio così: il Brand viene dopo. Ma che succede su questo nuovo blog? Frank è improvvisamente impazzito? Ti consiglio di non darmi ancora per matto e segui invece il mio ragionamento con attenzione.
Perché il brand viene dopo? Il motivo è semplice. Non si può brandizzare tutto. È questo il problema. Nel tempo mi sono reso conto che molti dei business in cui mi sono imbattuto non hanno minimamente senso. E quindi – non avendo senso – è inutile stare a perdere tempo cercando di brandizzarli.
Perché? Perché è sbagliata la “cosa” che c’è sopra. E qual è la cosa che c’è sopra? Si tratta del … Business Model. Il modello di business viene al primo posto. Il brand viene in seguito. Può uscire solo in funzione del fatto che ci sia un business model che abbia senso. C’è un sacco di gente che è rimasta intrappolata su questo concetto, io l’ho vista nel corso degli anni.
Se fai silenzio puoi sentirli ancora la fuori a lamentarsi: “Ma il brand! Ma il brand…”. No, il problema è che il tuo modello di business non funziona! Non si può brandizzare. In questo primo articolo del nuovo blog vorrei farti passare questo concetto. Il primo aspetto su cui andare a lavorare è il Business Model. Ecco l’informazione di base che ognuno di noi deve avere per sapere che successivamente potrà creare un brand.
La prima regola del business model è molto semplice: “Se non lo facciamo, non lo vendiamo”.
Se non lo faccio io, non lo vendo. Finito. Questa è la prima regola del business model. Se sei stato o stai pensando di diventare un rivenditore di prodotti e servizi altrui… devi smettere ADESSO!
Se non hai un tuo prodotto, non hai il controllo su nulla. Se il prodotto non è tuo, non puoi controllare niente. Se non c’è controllo non c’è un business perché sei in preda – e quindi vittima – delle decisioni delle altre persone. Ad esempio un caso emblematico riguarda un mio studente di vecchia data, di cui non farò il nome per questione di privacy.
Ha fatto per tanti anni il rivenditore nella sua zona, di prodotti per l’estetica (smalti, mani, unghie). Per tanti anni, ha creato come rivenditore per un’azienda produttrice, una zona. Sai che percentuale di fatturato faceva per questa zona? Copio e incollo da una nostra conversazione: “Siamo arrivati quest’anno, visto che abbiamo preso anche i bilanci dell’azienda. Siamo arrivati a fatturare un quarto del fatturato Italia, in due province e mezzo”.
Quindi ha due province e mezzo in Italia e ha fatto un quarto del fatturato di questa azienda. E quindi tu ci basi la tua vita, la tua famiglia, la tua azienda e quello che deriva da lì. Ciò dal quale mangi. Dopo aver praticamente fatto il 25% del fatturato di questa azienda in due province e mezzo… sai che bel regalo gli hanno fatto?
“Hanno deciso di togliere la distribuzione a tutti i distributori d’Italia andando diretti”
E quindi? Presa in quel posto: tu, la tua famiglia, la tua azienda, i tuoi dipendenti, bla bla bla. Questo è quello che succede. Per questo motivo la prima regola è: “Se non lo facciamo, non lo vendiamo!”.
Se il prodotto non è mio, non si vende. Questa è la regola base che ognuno di noi deve cominciare a rispettare, se vuole fare business. Non si rivendono prodotti di altri perché non hai il controllo. Dalla sera alla mattina salti per aria.
Cosa vuol dire, quindi, che se non lo facciamo, non lo vendiamo? Che dobbiamo diventare produttori? Non necessariamente. Non significa che devi aprire il capannone. Quelle cose lì mi fanno venire l’orticaria. Quello che devi fare è creare un brand. Ma non puoi creare un brand sulla rivendita di materiale di altri. Perché mi spieghi cosa vuoi brandizzare?
Quello che si brandizza è il prodotto. Il prodotto o il servizio. Non puoi brandizzare il fatto che io rivenda prodotti di unghie per un altro! Che cavolo vuoi brandizzare?!?!
Diciamo in maniera più chiara che essere un rivenditore di prodotti altrui non è che sia sbagliato al 100% ma porta con te un sacco di problemi. Vediamoli in ordine:
- Innanzitutto non hai vero controllo sui prezzi. Se non hai vero controllo sui prezzi, sarà molto difficile riuscire a creare un funnel di vendita. Ti sarà difficile studiare un’offerta di front end (in italiano “prodotto civetta“, prodotto “esca” e similari) e strutturare la vera e propria catena di vendite correlate che ne dovrebbero seguire;
- Non hai controllo sul brand. Chi ti fornisce i prodotti da vendere, domani potrebbe semplicemente decidere di non darteli più, o potrebbe fallire, o la sua azienda potrebbe incappare in problemi di immagine oppure potrebbe decidere di disintermediarti e passare alla vendita diretta. Tutto questo è inaccettabile per chi voglia fare impresa;
- Non hai controllo sulla quantità. Hai mai avuto a che fare con la Lego? Se hai un negozio di giocattoli che rivende prodotti Lego, saprai benissimo come applichino lo shortage (la penuria) di riassortimento. Ti danno un tot di roba e fine. Se ne vuoi altra perché hai generato richiesta e magari hai investito in marketing, non puoi servire i tuoi clienti. Fine. (Clienti che casualmente finiranno nei Lego store monomarca che aprono – sempre casualmente – sempre più di frequente);
- Non hai controllo sull’assortimento. Hai mai provato ad aprire un negozio di articoli sportivi? Magari lo hai fatto proprio pensando: “Che ci vuole? Metto dentro le Nike e il negozio è sempre pieno!”. Cosa che in parte potrebbe essere anche vera se la Nike stessa, per darti i suoi prodotti “top seller”, cioè quelli che si vendono di più, non ti obbligasse a riempirti il magazzino a tue spese e tuo rischio di tutti gli “obbrobri” che producono con le nuove collezioni anno dopo anno (girano il rischio dell’invenduto su di te, esercente, obbligandoti a comprarli. Sono bravi.).
Di base, come spero tu stia cominciando ad intuire, essere completamente un rivenditore di merce altrui ti espone a un rischio troppo alto nel fare impresa poiché non hai il controllo dei fattori fondamentali per la tua attività.
Quali sono le prime azioni da compiere per riprogettare il marketing della tua azienda? Certamente non puoi diventare un produttore dalla sera alla mattina o metterti a vendere solo prodotti con il tuo brand, soprattutto se hai già un’attività avviata.
Vediamo quindi cosa è necessario fare e cosa puoi fare tu muovendoti tra le varie alternative:
- Crea almeno un prodotto a marchio tuo. Non è necessario partire con una linea di prodotti (anzi è proprio sconsigliato) né è necessario smettere di fare ciò che oggi ti sta portando fieno in cascina, cioè smettere di vendere ciò che oggi stai vendendo.
- Se non puoi creare un prodotto completamente tuo, fattelo produrre “private label” cioè con la tua etichetta e recante il tuo brand.
- Fai in modo che questo prodotto sia molto focalizzato e risolva un problema specifico e molto sentito della tua clientela o meglio di un target specifico della tua clientela.
- Usa questo prodotto come “front end”, cioè come prodotto “civetta” per portare clienti, visite, richieste di informazioni nel tuo negozio, nella tua azienda, nel tuo showroom, per la tua rete vendita ecc.
- Studia i numeri. Producendoti da solo il prodotto hai una flessibilità nei prezzi molto maggiore rispetto a quando rivendi prodotti altrui. Questo ti permette di creare un’offerta di front end con un valore percepito molto alto (magari aggiungendoci altri servizi o prodotti che per te hanno un basso costo e creando un “pacchetto” denso di valore percepito) e offrirla in quantità limitata, a condizioni particolari e per un tempo limitato a un prezzo irresistibile.
- Più sei bravo a conoscere i tuoi numeri, più il tuo marketing sarà efficace. Se conosci poco i tuoi numeri, limitati a fare offerte “esca” o “civetta” a breakeven, cioè al punto di pareggio per te. Se studierai meglio i tuoi numeri e costruirai un funnel efficace (ci arrivo fra un attimo), potrai creare offerte davvero irresistibili perché sul prodotto “civetta” potrai andare addirittura e tranquillamente in perdita. (E’ quello che fanno le grandi catene con i vari “sottocosto”. Non lo fanno perché hanno le “spalle grosse” come molti erroneamente credono. C’è anche quello ma di base lo fanno perché conoscono meglio di te i numeri.).
- Crea una “catena di vendita” o funnel al quale sottoporre tutte le persone che “abboccano” al tuo prodotto esca. Cosa puoi proporre di coordinato in upselling e cross-selling a ogni cliente che decide di reclamare la tua offerta? Pensa al bravo commesso o al bravo titolare di negozio di abbigliamento. Tu gli compri un paio di jeans e lui ti propone la cintura, il portafoglio, la fibbia, ecc. Pensa al bravo responsabile di albergo che ti vede arrivare e per un piccolo sovrapprezzo di propone la camera superior, un accesso esclusivo alla SPA con un trattamento in offerta ecc.
Puoi certamente continuare a vendere prodotti di altri, ci mancherebbe, ma come supporto alla tua strategia di vendita e come componenti della tua “catena di vendita” o funnel e non come “core business”, cioè come il tuo modello standard di fare azienda.
Ecco per te due modi pratici sui quali riflettere e adattare al tuo caso specifico per cominciare subito a creare una catena di vendita efficace e marginare di più:
- Usi il tuo prodotto a marchio tuo come front end e vendi “a catena” prodotti di altri come upselling e cross-selling.
- Usi prodotti di brand famosi come “civetta” (pensa alle Air Jordan della Nike, sono un ottimo “front end” per un negozio di abbigliamento sportivo), oppure pensa ai prodotti Plasmon che i negozianti sono spesso costretti a vendere IN PERDITA per poterli avere in negozio. Il problema non è tanto che la Plasmon si approfitti della sua posizione di forza con i piccoli esercenti. Il problema è che i piccoli esercenti non abbiano prodotti ad ampio margine e marchio loro da upsellare immediatamente a coloro che entrano nel loro negozio attratti dai prodotti Plasmon. Come dicevo prima: “conosci i tuoi numeri e crea la tua catena di vendita di conseguenza”.
Puoi anche usare un mix di queste due strategie nella tua attività, anzi è consigliabile proprio per creare il maggior numero possibile di “catene di vendita” e ricordati che testare è sempre la strada maestra nel marketing.
L’importante è che tu non resti in balia del destino, del vendere solo quello che chiedono i clienti e lasciarli andare con un sommesso “serve altro?” e affidarti solo (e troppo) a prodotti altrui che dalla sera alla mattina potresti non avere più disponibili.
Ti avevo promesso che sarei stato breve e infatti per oggi è tutto. Nei prossimi articoli andremo ulteriormente in profondità e ti svelerò gli altri principi fondamentali che devi seguire nella costruzione della tua azienda… se non vuoi che questa nasca già come un fallimento annunciato!
Grazie Frank!
Grazie a te!
Ciao Frank
La regola del controllo vale anche per grandi catene tipo Foot Locker che si hanno avuto molto successo ma potrebbero rischiare ad esempio che la Nike gli tolga la distribuzione per vendere direttamente?
Grazie
Ho risolto questo dubbio e anche altri leggendo i commenti su altri articoli.
Grazie 🙂
Esattamente 🙂
ciao Frank, scusa l’ignoranza, ma non ho capito, quindi se non produco non posso brandizzare, ma quindi devo produrre, in breve se sono una gente in attività finanziaria, dipenderò sempre dalle banche, se sono un networker pure, se rivendo qualcosa pure.
Quindi dovrò per forza produrre?
Non devi produrre necessariamente. Puoi vendere prodotti private label mentre se vendi servizi é ancora più semplice pacchettizarli e “dargli un nome”. Il network é un’attività che sconsiglio. Ti basta leggere Autostrada Per La Ricchezza e capisci perché (non hai controllo su nulla).
Se non lo “fai”, cioè se non ne possiedi il brand, non lo devi vendere se vuoi fare impresa in maniera intelligente. Altrimenti puoi sempre fare impresa in maniera stupida come fanno quasi tutti. La massa é con te 🙂
ciao Frank, ti ringrazio, continuerò a leggere e studiare il più possibile
bravo Angelo 🙂
Ciao Frank
articolo interessante, sono proprio curioso di leggere il seguito 🙂
Articolo molto interessante ma come si fa a travasare il fatturato di 10 anni come rivenditore per un marchio settore haircare in un proprio brand sconosciuto a tutti?
Con le giuste conoscenze (che non hai) e i coglioni quadrati (questo non lo posso sapere ma sono quasi certo al 100% che la risposta sia sì visto che fai l’imprenditore da tanti anni).
Ma senza i coglioni sotto, le conoscenze sono inutili 🙂
Quindi il network marketing è morto?
Non mi occupo di network marketing e non ne parlo. Tutto ciò che c’è da dire riguardo al network lo trovi ben spiegato nei dettagli nel testo Autostrada per la Ricchezza.
Ciao Frank: ancora complimenti per marketing Merenda!
Piccolo aneddoto:: Ascoltando il tuo audio di 69 minuti, mi hai fatto tornare in mente che mentre ero a Viterbo scorsa settimana, ho notato una nuova friggitoria di patate olandesi originali!! Grande business!’,
Hahahahahha!
Ciao Frank,
hai centrato perfettamente il punto debole della mia attività (lead generation, ovvero portiamo clienti ad altre aziende).
Anche io pensavo che non fosse possibile creare qualcosa di veramente Grande in questo modo, finché ho sc0perto che un’azienda di marketing, XLMedia, in nove anni è cresciuta fino a diventare un’azienda quotata, che fa numeri di tutto rispetto (decine di milioni di euro, se non hai voglia di andarti a guardare i bilanci) semplicemente portando clienti ai casinò online europei.
Dov’è l’errore? Forse questa azienda prospera *nonostante* il business model a prima vista sbagliato, e quindi è un’eccezione (il fatto che sia l’unica quotata sembrerebbe confermarlo, anche se ce ne sono altre che fanno comunque numeri discreti)?
Sbaglio io nel tentare di imitarli, pur avendo esperienza e gran parte del know-how opeativo necessario?
Grazie per le risposte che vorrai darmi e per lo splendido lavoro di divulgazione che fai.
Maurizio non é sbagliato il business model in sé. XL Media innanzitutto é un’azienda mondiale, e non si rivolge al bacino italiano. Secondariamente guarda la focalizzazione:”semplicemente portando clienti ai casinò online europei.”
Mi sembrano non solo leader di settore ma anche piuttosto ben focalizzati. Nel tempo, cioè negli anni hanno costruito il brand. Chiunque abbia un casinò online immagino si rivolga per prima cosa a loro.
Il loro problema al massimo é se esce una legge che impedisce o limita i casinò online o li mette fuori legge, ma non parliamo di questo adesso.
Il problema che puoi avere tu al massimo è quello di non riuscire a sviluppare un brand perché sei un generalista, quindi é difficile per te fare lead gen per te stesso.
PS: Non mi stupirei, anzi ne sono certo, che XLMedia possieda la maggioranza dei casinò online verso i quali ridireziona traffico o che con il tempo non se li sia comprati. Questo è il loro segreto 😉
Ciao Frank,
grazie innanzitutto per la risposta rapidissima, nonostante sia domenica sera!
XLMedia è sicuramente ben focalizzata su un solo settore/canale (casinò/online), in un mercato dove per vendere basta iscriversi online ad una piattaforma di affiliation (quello è davvero facile) e portare buoni clienti (la parte difficile, ma ben remunerata, quasi sempre in % sul LTV).
Lasciamo pure da parte l’aspetto legale (per la cronaca, in USA il mercato dell’online gambling ha preso una botta tremenda qualche anno fa) .
Non so se XLM sia (co)proprietaria ai casinò online che promuove; sarebbe una ottima idea, ma non ho notizie certe in tal senso.
A questo punto sono più confuso di prima: loro rispettano tutte le regole del business, tranne forse quella fondamentale “se non lo facciamo non lo vendiamo”, eppure dici che hanno un modello corretto, e infatti crescono a doppia cifra.
Dipende allora dal fatto che ci sono tanti potenziali acquirenti a cui possono vendere in diverse nazioni (leggi permettendo)?
Per dirla diversamente, se il “prodotto” che vendi è il lead, e lo “produci” attraverso campagne di acquisizione, se il cliente a cui lo vendi è un’azienda in target… allora può funzionare? (a patto ovviamente di focalizzarsi e tutto il resto ovviamente)
Vorrei tanto credere che questo modello possa funzionare in maniera sostenibile, ma più lo studio e più mi pare inverosimile, considerando che l’azienda cliente è quella che, per prima, prende i soldi dal lead che le vendi (finché decide di comprarlo), ed è la medesima che a fine mese ti comunica l’importo della fattura da emettere in base ai propri calcoli.
C’è sicuramente una quadratura del cerchio che non riesco a vedere, ma ci arriverò.
Grazie ancora di condividere la tua conoscenza.
Ascolta uno stronzo. Se produci lead, producili per te stesso. Come ogni azienda sana dovrebbe fare. Da qui a qualche anno la lead generation online sarà qualcosa all’ordine del giorno per le aziende come una volta lo erano le telefonate o il porta a porta. E le aziende vorranno averne il controllo. Lavori su un gap temporale che rischia di chiudertisi in faccia.
Chiarissimo, grazie mille.
Non sarà facile, ma almeno so qual è la direzione da prendere.
Grazie e buona giornata!
Ciao Frank
Ho partecipato al tuo corso di Milano il 2 febbraio,
Complimenti per la tua personalità e professionalità.
Ma per dare un tocco ancora più concreto alle tue argomentazioni ti consiglio di leggere un libro molto interessante scritto circa 50 anni fa.
Il titolo è “business adventures” e l autore e’ “John Brooks”, edito da Einaudi.
Sono 8 storie vere su come molte idee e marchi brillanti siano passati dalle stelle alle stalle per problematiche tremendamente attuali.
A presto
Cioè io ti porto esempi di PMI italiane e “per dare un tocco più concreto” dovrei leggere un libro di un ammerigheno di 50 anni fa? 😀
Vuoi rileggere la tua frase prima che la “accendiamo”? 🙂
A parte gli scherzi, ottimo libro ma lasciamolo come “consiglio per la lettura” delle persone e focalizziamoci a parlare di business che la gente possa sentire come “vicino” e reale.
Tanto tranquillo, alla gente non va mai bene un cazzo. Poi mi direbbero “eh ma sto libro me lo leggevo a casa” XD
Frank ciao!
Condivido ciò che dici e mi fido della tua conoscenza per questo mi piacerebbe sapere da te una cosa che non mi è chiara…
Accordando al motto “non lo facciamo, non lo vendiamo” e prendiamo in esempio un autoricambista, come cazzarola fa a farsi produrre i ricambi? È praticamente impossibile.
L unica cosa che si potrebbe far produrre è la batteria ma a questo punto mi sorge un altra domanda: sarebbe una batteria come le altre! Come si vende? Come fa a non essere un batteria come le altre?
Sono molto curioso della risposta! 😉
Well done per tutto!
Grazie
Filippo il problema è che io penso che “l’autoricambista” non sia un business. Non rispetta NULLA di ciò che insegno, infatti gli autoricambisti sono dei bottegai, schiacciati ormai dalla concorrenza paritaria che gli sbraga i prezzi e i saloni delle case ufficiali.
Quindi la mia risposta é “cambia mestiere” 🙂
A parte gli scherzi, tra gli autoricambisti di successo esiste la catena Carglass, focalizzata solo sulla sostituzione vetri per auto e non “tutto per tutti”. E infatti va alla grande.
Puoi applicare lo stesso principio alla batteria, con il limite che le persone vogliono le batterie originali per macchine di un certo livello. Quindi ti rimangono le auto di fascia bassa.
In generale il ricambista è un po’ l’arrotino del prossimo futuro 🙂 Sorry.
Ciao Frank come stai?
Una compagnia come amazon e alibabba dove fungono da piattaforme tramite per l’azienda e il cliente è un modello di business efficace per altri settori? Perché Amazon non ha prodotti suoi, non produce.
Mi spiego meglio se si facesse una piattaforma per far comprare online un qualcosa ad esempio sigarette (esempio a cazzo) e far vendere la compagnia ditettamente online al cliente tramite la mia piattaforma? Ma non produco niente come prima citato lo stesso amazon.
Grazie mille.
A presto
Non è un modello di business efficace nemmeno per loro. Amazon ha perso miliardi di dollari dalla sua fondazione. In generale di “negozi online” comunque, citando appunto gli stessi Amazon, Ebay e Alibabà ce ne sono già troppi e troppo grandi perché tu possa avere qualche speranza.
Frank ma per esempio SE un disoccupato ha comunque da parte dei soldini (3-5000€) e vorrebbe imparare quantomeno le BASI per fare impresa può venire al corso marketing merenda?
Oppure non rientra nel tuo target?
Paolo non lo so. Nel senso, se hai da parte BEI soldini la risposta é sì. Ma se i “bei soldini” sono i soldi giusti giusti per fare il corso la risposta è NO. Già sei disoccupato. Se ti si rompe la caldaia che fai col conto a zero? Mica vendo il sale come Vanna Marchi, essù 🙂 Facciamo le cose col cuore ma anche con la testa.
Tranquillo so che non sei Vanna Marchi , anche perchè altrimenti saresti in galera a quest’ora XD.
Si a quello c’ho pensato anchio e hai ragione (sul fatto di avere i soldi contati evitare di andare) però è anche vero che NON posso e NE’ voglio attendere in eterno!
Troverò il modo di RISOLVERE IL PROBLEMA al meglio! 🙂
Così mi pare che siamo sulla strada giusta 🙂
Ciao Franck, io sono un rivenditore di cosmetici biologici e da tempo sto pensando di concentrarmi sul mio brand volendo percorrere la strada della produzione conto terzi appunto con il mio marchio. Quali consigli puoi darmi in tal senso?
Grazie, saluti
Frank senza “c”. I consigli che posso darti sono quelli di creare un prodotto che abbia un senso per un target specifico e che non esista già. Esattamente quello che “consiglierei” a chiunque voglia immettere un prodotto o un servizio sul mercato, che sia di cosmesi o meno.
io sono “arrivato” da poco, complimenti per tutto…..ma tutto cio’ che lei “dice” è “applicabile” ai liberi professionisti, ad esempio architetti/interior designer, come me????
grazie per l’attenzione !
Assolutamente sì, Antonio! Parti da qui => http://www.marketingmerenda.com/risorse-gratuite
Ciao Frank, volevo dirti che putroppo non sono riuscito a mantenere la mia promessa di venire al tuo prossimo corso, ho sempre 18 anni e non ce l’ho fatta. Continua così, se non ci fossi tu l’italia sarebbe 10 anni indietro, sei un grande e sempre Rock n’ Roll!
Ciao Filippo! Grazie del feedback. Ti aspetto appena puoi 😉
Nel frattempo continua a seguirmi qui sul blog. Dacci dentro!
P.S. Hai già scaricato l’audiocorso gratuito che trovi qui? => http://www.marketingmerenda.com/risorse-gratuite
Sì certo, l’audio è fantastico. Oro 24 carati, sempre il TOP 😉
Visto che c’è un commento che riguarda il mondo degli AUTORICAMBI, ne approfitto: c’ho lavorato 12 anni da venditore e poi da manager.
Anche se ora lavoro nei servizi, ho ancora molti ed importanti amici nel settore.
Questa la situazione in Italia: Il produttore vende al distributore nazionale; il distributore nazionale vende al distributore regionale; il distributore regionale a quello locale (il ricambista); il ricambista vende all’officina. L’officina vende al malcapitato utente che paga a caro prezzo gli effetti della catena lunga.
Da decenni si dice che gli anelli salteranno ma, a parte qualche timido segnale, non sembra muoversi nulla all’orizzonte.
Anzi, Continuano a proliferare ancora aziende da 500 milioni di euro (Rhiag), si creano gruppi di grossisti (OVAM+IDIR) da 100 e oltre milioni di €, ma gli anelli della catena non saltano. Il sistema rimane quello.
E direi che, Evidentemente, fino a che qualcuno non farà nulla di diverso, il sistema e’ destinato a rimanere tale !
Basterebbe che qualcuno che ci mettesse la testa per risolvere annosi problemi:
– di servizio (le officine ricevono anche 6/7 consegne al giorno dal ricambista; il ricambista riceve anche 4 consegne al giorno dal distributore… e così via!).
– di credito (il produttore non si metterà mai a gestire il credito con le officine)
– di capillarità (a Minchio sul Trasimeno non ci va nessuno, se non il ricambista locale)
– di produzione (chi ti fa piccoli quantitativi inizialmente?)
La questione in realtà è molto più complessa di così, ma direi che, messa giù molto superficialmente, 4 problemi su 4 si possono risolvere con un po’ di inventiva e tanta voglia di fare.
dipende molto dai margini (quindi dalla differenziazione che dai al prodotto e che ti permetterebbe di vendere premium price)
Forse ho detto delle puttanate… Tu che dici Frank?
Hai detto benissimo Andrea.
Ciao Frank. Domanda che fa un po’ a pugni con la prima legge “se non lo fai non lo vendi”, fa a pugni intendo rispetto al contesto aziendale che ti accenno. Una persona che conosco ha una microazienda (circa 1 milione e 200 di fatturato annui) di vendita e installazione impianti fotovoltaici e batterie di accumulo Tesla. Lasciando stare il fatto che il settore personalmente ti faccia storcere un po’ la bocca, il settore di per sé si evolve ed è in crescita perché il plus della tecnologia di accumulo andrà a soddisfare nella mente dei clienti il problema non solo di abbattersi i costi energetici ma anche di rendersi più indipendenti dalla tanto odiata Enel/rete elettrica mangia tasse e cazzi e mazzi vari (per farla breve).
Comunque, mettendo questo discorso da parte, ritorno a bomba sul principio della prima legge:
i produttori sono due brand mica pizza e fichi: Sunpower (californiani) per i pannelli, Tesla per le batterie al litio di accumulo. Praticamente i numeri 1 nelle menti dei clienti di quesi settori.
Non so quanto margine per il titolare ci potrebbe essere per imbastire una trattativa con questi due brand colossali per creare private label (non so, da ignorante, nemmeno quanto converrebbe farlo, è molto difficile che tesla e sunpower decidano a breve/medio termine di tagliare i ponti fra loro e i clienti e distribuire direttamente).
Detto questo, se ti trovassi un minimo d’accordo con quello che ho scritto e se fosse dunque impossibile rispettare la 1.a regola, ci sarebbe comunque modo di creare un business model efficace (io dico di si, perché so che questa azienda potrebbe migliorare in moltissime sue parti)?
Perché ti chiedo questo: perché vorrei consigliare a questa persona di conoscerti, conoscere te e le proposte formative tue e del tuo team, con l’obiettivo di migliorare drasticamente l’azienda e i risultati, dal momento che lui un giorno mi ha detto che sa, sente, di essere molto limitato, che si può e che vuole davvero fare di più e che (guarda caso, al meno IN QUESTO ci è arrivato già oggi da solo) sa di dover fare tantissimo dal punto di vista del marketing.
Alleluja direi Emoticon smile
Problema (classico tu dirai): l’azienda ha dei volumi di lavoro (probabilmente si tratta anche di tempo perso o impiegato male) inversamente proporzionali al cosiddetto “team” aziendale…
Team… diciamo che c’è lui, 2 segretarie e 3/4 agenti di rete vendita. Ergo lui (penso) non ha tempo nemmeno di pisciarsi addosso per asciugare i pantaloni, PER QUESTO pensava di creare all’interno appunto una figura che si occupi di marketing.
Io gli ho detto: FRENA! PRIMA di pensare/progettare/fare una roba del genere potrei farti conoscere etc.
Domanda e chiudo: visto che dovrebbe conoscerti gradualmente per necessità di tempo, potresti consigliarmi una scaletta, graduale, da girargli, adatta alla situazione (ripeto, secondo me avrebbe inizialmente pochissimo tempo e, naturalmente, si approccerebbe senza sapere chi sei e la tua credibilità) per conoscerti?
Per dire, meglio prima questo articolo, o questo blog, poi questo video e poi questo articolo etc.
Poi il resto starà a lui, approfondendo e studiando, se vorrà.
Dato che Marketing merenda, purtroppo, è appena passato..
Grazie Frank, R’n’R siempre!
É quindi vero anche il contrario…se nn lo vendo allora nn lo produco…dovrei dirlo al mio ex capo terzista…mi hai illuminato. Non so ancora come fare ma so dove voglio arrivare. Grazie mi hai aperto un mondo.
Ciao Frank,
Vorrei farti 20 righe di complimenti ma tanto ho visto che ne sei gia pieno quindi le metto alla fine sennò non mi leggi la domanda. Sto aprendo una attività con un socio. Senza entrare nei dettagli diciamo che vendiamo un servizio. Il target apparentemente puó spaziare dal ragazzino di 16 anni all’uomo di 30 fino volendo al B2B. Siccome cosi non avrebbe senso perche troppo generico, é secondo te corretto spezzettare il servizio in 3 con brand diversi e blog diversi? Poi effettivamente l’ambiente dove viene erogato il servizio é sempre lo stesso ma in orari diversi. Oppure devo solo scegliermene uno e focalizzarmi solo su questo? La concorrenza ovviamente fa tutto in un calderone unico.
Grazie mille per il tempo che vorrai dedicarmi. Sei un grande e stai facendo veramente la differenza! Alla prossima.
Federico
Federico la domanda è un pelino generica. Eventualmente puoi creare invece 3 funnel diversi per target diversi, non necessariamente legati a 3 blog diversi.
ciao Frank, intanto complimenti ! ma per chi fa l’agente finanziario su mandato di una banca, la questione ” non lo faccio non lo vendo ” come si risolve? se per chi distribuisce cosmetici non ha senso creare una propria brand, ha senso per chi distribuisce serivizi di credito? l’articolo mi sembra molto focalizzato sui prodotti fisici, quali concetti sono più traslabili sui servizi?
grazie
Ernesto ciao,
in realtà è il contrario. E’ chi produce servizi che non ha problemi a brandizzare ciò che fa perchè appunto è intangibile mentre chi produce qualcosa deve appunto “produrlo” fisicamente, il che è decisamente più complicato.
Nel tuo caso specifico il tuo problema è che hai in testa i bei prodotti della tua banca con i loro bei nomi e non hai invece in testa ciò che dovresti avere, cioè un funnel nel quale quei prodotti si inseriscono solo come back end e a determinate condizioni.
Se leggi bene quello che ho scritto all’inizio nell’articolo, non puoi cercare di “incastrare” ciò che fai al marketing professionale. Non puoi fare il “polizzaro” o similari alla vecchia cercando di “incastrarci sopra” il marketing.
Devi rivoluzionare tutto. Ho studenti privati molto ricchi e molti bravi che lavorano nel tuo settore con risultati eclatanti. Parlo di gente con pubblicazioni prestigiose e portafogli veramente importanti in gestione come Luca Ruini (è stato il primo a scrivere un libro in Italia sugli ETF tra le altre pubblicazioni quando ancora nessuno sapeva cosa fossero).
Ma devi creare il tuo funnel di marketing. Trovare la tua nicchia, scrivere almeno un libro, creare un prodotto di front end che sia una consulenza, un software, un programma, un pacchetto base etc… e da lì portare i clienti in sviluppo.
Ragionare come “appioppatore di prodotti” ai tuoi clienti non è più una strada percorribile se vuoi veramente risultati eclatanti. Ti serve abbracciare il marketing professionale al 100% con tutti i suoi svantaggi (farsi veramente tanto il culo) e i suoi vantaggi (diventare nel medio periodo veramente un punto di riferimento nel tuo settore e ottenere risultati inarrivabili ai tuoi colleghi o concorrenti).
Buon lavoro 🙂
Ciao Frank, questo tuo nuovo blog in che modo può aiutare noi che non siamo imprenditori in senso stretto ma solo agenti di commercio?
Ciao Andrea,
un agente di commercio è un imprenditore a tutti gli effetti. De facto sei una Commerciale Unipersonale.
Per questo devi conoscere il marketing se vuoi continuare ad avere successo (o vuoi iniziare ad averne più di quanto tu non ne abbia) invece che limitarti tristemente a bruciare gasolio in giro per l’Italia ripetendo la tua litania e mostrando cataloghi.
Le tue mandanti in realtà le devi cominciare a considerare per quello che sono: dei fornitori di prodotti e dei datori di magazzino.
Devi costruire la tua mentalità e la tua strategia imprenditoriale e portarla avanti con grande determinazione.
L’agente di commercio, se lo interpreti come facevano i nostri genitori modello “anni 80” è morto. Devi abbracciare il cambiamento e comprendere come muoverti oggi.
Buon lavoro 🙂