Anche la tua azienda sta per diventare un mostro terrificante pronto a sfuggirti di mano e sterminare te e i tuoi cari? Se sei atterrato su questo blog vuol dire che fai parte di quel gruppo di imprenditori coraggiosi animati dalla visionaria ambizione di trasformare la loro azienda in un business col turbo. Sei pronto a far decollare la tua attività e portarla ai confini estremi dell’universo conosciuto? Ti trovi nel posto giusto. Adesso ti sistemo io.
In questo articolo troverai alcuni principi fondamentali che NON puoi ignorare se hai intenzione di costruire un vero business. Sono regole che, finora, ho spiegato soltanto ai miei studenti più avanzati. Quindi, ti consiglio di aprire bene gli occhi, sintonizzare le frequenze cerebrali e leggere per filo e per segno quello che sto per dirti.
Ripartiamo dalla base. Il tuo brand si costruisce vendendo prodotti con il TUO brand. È un concetto fondamentale e continuerò a ripeterlo finché non te lo ritroverai marchiato a fuoco nella mente. Deve diventare il punto di partenza senza il quale non ti sogneresti MAI di aprire un’azienda.
“Se non lo facciamo, non lo vendiamo”. Voglio che tu lo ripeta religiosamente ogni sera, prima di dormire, come un mantra. Punto.
Se non ti è ancora chiaro il perché, ti faccio un esempio. Mettiamo che io domani apra una rivendita di bagni e cucine a Lugano, con un bello store e quant’altro. L’azienda è mia e si chiama “Barigazzi e Merendazzi – bagni e cucine”. Dentro, però, vendo i prodotti della RiFRA, l’azienda di cucine e bagni di lusso del mio studente avanzato Matteo Rivolta.
Sai cosa significa? Significa che mi sto scavando la fossa da solo, perché sto contribuendo a costruire il SUO brand, non il mio. Se non vendo i miei prodotti, il mio brand non funzionerà mai. La persona che acquista da me si ritrova il prodotto RiFRA in casa. NON il bagno della “Barigazzi e Merendazzi”.
Sì, magari si ricorda che il water gliel’ha venduto il signor Merendazzi in persona e gliel’ha montato il nipote del Barigazzi. Ma in casa sua vede il brand RiFRA ogni mattina appena sveglio, quando entra in bagno.
Ogni volta che vendi i prodotti di qualcun altro stai contribuendo a creare il suo brand. Questa è la base del business e non puoi ignorarla. Già sento le grida di ribellione di quelli che: “No, ma io ho un nome in paese, perché a me qui mi conoscono…”.
No, non è così! Se procedi su questi binari non andrai da nessuna parte e, tra quarant’anni, sarai ancora lì, con le mani al tornio e non ne uscirai più. Non si esce vivi da questo modo sbagliato di creare aziende. Per questo è molto importante muoversi in anticipo. Non puoi aspettare che ti capiti qualcosa di brutto o che ti ritrovi con l’acqua alla gola per cambiare il tuo modello di business.
Non ha senso. Devi capire velocemente cosa stai sbagliando, spazzare via il marcio e ripartire subito con le basi corrette. Ricordi cosa ho detto prima? “Se non lo facciamo, non lo vendiamo”.
Non c’è modo di creare un’azienda se la fai con prodotti di altre persone. Stai creando il LORO brand. Quindi la prima cosa a cui devi pensare è questa: devi vendere i TUOI prodotti.
Altrimenti ti ritrovi con un’azienda-Frankenstein. Hai presente Frankenstein, il romanzo scritto da Mary Shelley all’inizio dell’ottocento? È la storia di un giovane dottore, ossessionato dall’immortalità, con il simpatico hobby di girare per cimiteri e recuperare parti diverse di cadaveri umani. Il suo obiettivo è quello di cucirle insieme per costruire un essere a cui dar vita sfruttando l’energia di un fulmine.
Peccato che non tutto va come previsto e si trova ben presto davanti a un mostro sanguinario e senza controllo. È il risultato del delirio di onnipotenza di uno scienziato che ha costruito una creatura NON con pezzi suoi, ma mettendo insieme parti di altri. Allo stesso modo, se TU non la smetti di costruire la tua azienda vendendo prodotti non tuoi, ti ritroverai padrone di un’azienda-Frankenstein fatta e finita.
Tu, però, non stai portando alla vita un personaggio leggendario della letteratura a cui si ispireranno centinaia di autori nei secoli a venire. Sei soltanto il padrone di un’azienda che si presenta come un bestione completamente privo di controllo, con la cerniera in fronte, due bulloni che gli escono dal collo e un’espressione non proprio intelligente.
Hai un’azienda in cui vendi pezzi di qualcun altro, che ti si può rivoltare contro in qualsiasi momento. Come? Basta che chi ti fornisce i prodotti schiocchi le dita e smetta di farlo. Va bene che la tua azienda è una tua creatura, ma cerchiamo di non tramutarla in quella di un romanzo horror, ok?
Benissimo. A questo punto, quali sono i due modelli di business che devi evitare se non vuoi creare un’azienda-Frankenstein completamente fuori controllo? Sono due e sono tipicamente italiani.
1) Il rivenditore: io rivendo prodotti di altri
Faccio un esempio molto semplice. Domani ti parte l’embolo e vuoi aprire un negozio che vende mangime per cani e animali. Qual è la prima mossa che devi fare? Iniziare a produrre il tuo mangime e venderlo col tuo brand, nel tuo negozio. Non ha senso riempire gli scaffali di altri brand come Purina o Fido Dog. Fai un bel respiro e ripeti il mantra con me: “Se non lo facciamo non lo vendiamo”. Vendi solo il tuo brand e vedrai che ti passa la paura.
Come se non bastasse, in Italia vantiamo delle figure mitologiche che all’estero non conoscono nemmeno. Sto parlando dell’agente plurimandatario. Sul nostro territorio, moltissime aziende hanno fondato il loro business model su questa figura. A te potrà anche sembrare normale perché è quello che hai visto sempre fare. Nel mondo reale, invece, è follia pura.
Segui il ragionamento: io baso il modello di business della mia azienda su un venditore che smercia non soltanto i miei prodotti, ma anche quelli della concorrenza! “Eh ma se no come fa? Se vende solo la mia roba non ci mangia!”
Se sostieni questo, vuol dire che il tuo modello di business è pessimo e devi smettere di portarlo avanti. Ti metti di buona lena e lo riprogetti da zero, come Metodo Merenda insegna. Se il tuo rappresentante non può campare vendendo soltanto i tuoi prodotti vuol dire che non serve nemmeno che ce ne sia uno. Significa che quello che hai fatto finora è sbagliato e devi vendere con un modello di business diverso. Sarà necessario puntare sulla vendita diretta del tuo brand, magari aprendo un negozio dedicato.
Ti racconto un aneddoto realmente accaduto per darti un’idea di come siano percepite all’estero queste pratiche tipicamente italiane. Matteo Rivolta è un mio studente privato e ha un’azienda molto importante, la RiFRA (quella che faceva concorrenza alla famigerata Barigazzi e Merendazzi all’inizio dell’articolo). Avrai sicuramente letto qualche sua testimonianza nel gruppo Metodo Merenda.
Qualche mese fa l’ho mandato direttamente da Al Ries, ad Atlanta, per farsi rifare il brand. Durante l’incontro, Al gli ha fatto la domanda da un milione di dollari: “Ma oggi come vendono le aziende italiane?”.
Matteo ha cercato di spiegargli il concetto di agente plurimandatario, cioè qualcuno che vende i prodotti di un’azienda e quelli della concorrenza. Al ha semplicemente risposto che questo modo di fare si usava in America quando non c’era la televisione: arrivava il venditore a casa con la borsa piena di prodotti diversi da presentare alla casalinga, la quale non aveva altre alternative per gli acquisti.
Di fronte a questa affermazione fatta dal mio maestro Al Ries possiamo solennemente annunciare che il plurimandatario è un dinosauro estinto da tempo negli Stati Uniti.
Il concetto è questo: noi italiani abbiamo delle concezioni sul fare business che sono assurde.
- Rivendere prodotti degli altri.
- Mandare in giro il rappresentante con la valigetta a vendere i tuoi prodotti e quelli della concorrenza.
Come puoi pensare di creare un brand in questo modo? Questo è il problema più grande del modello di fare business italiano: la rivendita è un modo stupido di stare sul mercato, rivendere i prodotti di altri non ha davvero alcun senso. Per quanto tu sia bravo e intelligente, questo modello di business non può essere scalabile.
È inutile appendere il poster di Steve Jobs in camera o in ufficio se prima non capisci che non devi fare il rivenditore.
Steve Jobs aveva colto un aspetto cruciale, tra i mille. Aveva detto: “Il mio software gira sul mio hardware”. Basta. La Apple vive e prospera ancora oggi proprio grazie a questa intuizione. Sai perché tutti i vari Samsung vendono molto meno? Perché sul telefono hanno installato il sistema operativo Android, lo stesso presente su un telefono cinese venduto a venti euro.
In soldoni, Samsung sta facendo il rivenditore di un software prodotto da un’altra azienda. Come si può creare un brand veramente forte su queste premesse?
Non si può. Ed è chiaro che nel medio-lungo periodo Samsung farà una brutta fine. Software mio, hardware mio. Finisce lì.
E arriviamo al secondo modello di business da cui devi scappare come se fossi inseguito da una muta di cani alsaziani affamati da giorni.
2) Il terzista: io produco prodotti per gli altri.
Anche in questo caso ti sei confezionato una bella azienda-Frankenstein coi fiocchi, pronta a perdere il controllo e ammazzare le tue finanze. Ti stai chiedendo in che modo puoi finire in un bagno di sangue? Ti rispondo subito. Se fai il terzista vuol dire che produci prodotti che verranno poi venduti da altri. Mi segui?
E se gli affari girano e l’azienda per cui produci riesce a vendere bene tu sei a posto, vero? NEIN! Sbagliato! In realtà sei fregato lo stesso. Se vuoi produrre di più devi aumentare i capannoni, i macchinari, i leasing e il numero di operai alla catena di montaggio. E finché l’azienda per cui produci riesce a vendere, sembra tutto sostenibile.
Ma se la produzione, per mille motivi, diminuisce o salta del tutto, tu gli operai, le bollette, la banca e i materiali li devi continuare a pagare. E se non sei in grado di farlo ti ritrovi coi libri contabili in tribunale ancora prima di riuscire a dire “no ma secondo me…”. Senza contare che in Italia non è così facile chiudere un impianto dalla sera alla mattina.
Quindi, questo è il principio di base che devi infilarti bene in testa: se fai il terzista, non hai il controllo della tua attività e non hai un business scalabile. Se cambia il vento e in Francia non comprano più le cucine RiFRA, Matteo prende e sposta il business in Spagna. Non è un problema, perché produce e vende il suo prodotto e ha controllo sul suo marketing. Può ricreare velocemente un mercato e ha delle strategie di ammortamento del rischio.
Se il rischio può essere controllato, il business è buono. Ma quando fai il terzista per un altro vivi nel costante terrore che questo non sia in grado di vendere i tuoi prodotti. E se salta per aria chi ti commissiona il lavoro, sei rovinato.
I venditori non sono tuoi, i negozi non sono tuoi. Non ti rimane nulla, se non una enorme catena di produzione inutilizzata. Tradotto: hai un rischio di impresa pari a più infinito e investire tempo, soldi ed energie in un business simile è inutile.
È un argomento che ho affrontato anche con due miei studenti proprietari di un’azienda che produce zanzariere. Loro fortunatamente le producono e le vendono, ma se analizziamo una qualsiasi azienda dello stesso settore noterai anche tu il tipico errore del business italico.
Faccio il prodotto e poi lo do da vendere alle persone in “loco”. Chi sono le persone in loco in questo caso? Sono, ovviamente, gli installatori di finestre, cioè muratori. Se il futuro del tuo business nella creazione e nella vendita di un prodotto premium price (top di gamma, fatto molto bene) è delegato alla voglia e alla capacità di venderlo di un gruppo di muratori, capisci che non hai il controllo reale della tua attività?
La tua azienda è un VERO business se hai il controllo di tutta la filiera del processo produttivo. Se non c’è controllo, non c’è business.
Se non segui i miei consigli ti ritroverai a inseguire la tua azienda-Frankenstein con le viti al collo e un’espressione poco intelligente, mentre parte per la tangente e distrugge le tue finanze e – non ultima – la tua serenità mentale.
Capisci ora perché fare il rivenditore e il terzista NON è una buona idea se vuoi davvero portare il tuo business al prossimo livello? Nel primo caso, sei schiavo del produttore. Nel secondo caso, sei schiavo del rivenditore. In entrambi i contesti, quello che ti manca è il “Controllo”.
Devi smontare qualsiasi modello di business ti lasci in balia di azioni e decisioni non tue!
Se vuoi correre ai ripari e imparare a costruire un business senza errori e funzionante da subito ti aspetto a Marketing Merenda, l’unico seminario in Italia dedicato agli imprenditori che vogliono mettere il turbo alla loro azienda.
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Scusa in anticipo se la mia domanda è particolarmente stupida…
Ma il concetto di “non lo facciamo non lo vendiamo” è applicabile solo ai core product del brand, dico bene?
Cioè, voglio dire, è il motivo per cui mcdonald’s, burger king ecc. non vendono una “McWater” o una “McCola” ma una semplice acqua san benedetto o una coca-cola, in un apple store vendono le cuffie della beats e altri negozi vendono una piccola minoranza di prodotti complementari a quelli prodotti e venduti dal brand stesso…
É tuttavia una cosa che andrebbe evitata il più possibile come dici tu… ma in quali casi si può “trasgredire” tranquillamente?
Mi verrebbe da dire quando pur di non estendere la linea di tutto il brand per colpa di prodotti che andrebbero in ogni caso venduti nel punto vendita – nella maggior parte dei casi come upsell o crowsell tendenzialmente – si preferisce fare una “piccola estensione di linea” al punto vendita, preservando comunque il brand principale.
Ho detto una stronzata o un fondo di verità c’è?
Grazie mille 🙂
cross sell* scusa la svista 😀
In realtà molte aziende si auto-vendono anche i prodotti complementari. In ogni catena di ristoranti dove trovi la Pepsi Cola, la Pepsi è proprietaria di quella catena di ristoranti 😉
Ma in generale, sicuramente partire con il proprio prodotto di punta è la cosa giusta. Poi nel tempo ti sposterai a produrti brandizzato tutto ciò che ha economicamente senso brandizzare.
Ad esempio, la Nespresso ha espanso questo concetto alle sue conseguenze più profonde. Prima comprava caffè e lo brandizzava Nespresso, poi è passata superata una certa magnitudo a comprarsi le piantagioni e ad autoprodurselo.
Ogni bar in generale dovrebbe autoprodursi la propria miscela brandizzata private label. Solo che preferiscono farsi “regalare” stupidamente macchina, arredi e altre 4 puttanate dai produttori in cambio della sottoscrizione di un contratto pluriennale di fornitura.
Ora mi spieghi come fai a differenziarti quando tutti nella tua zona servono il tuo stesso Lavazza miscela di merda al gusto olio da camion.
Occasione bruciata. Come il gusto.
Eh infatti, credo sia impossibile… L’unica cosa che si può fare (e che vedo fare ai bar più “avanti” degli altri) è un po’ di direct marketing…
Cioè campagna di fb ads che manda ad una squeeze dove si può scaricare un coupon per un prodotto d’innesco (tipo una colazione completa ad 1€)
Ma ovviamente qua stiamo parlando di un altro gioco e non ha nulla a che fare con la creazione di un brand.
Ciao frank e grazie della risposta. ;D
Articolo fantastico!
Frank sei il numero 1 in Italia sul marketing e vendite. L’esempio dei prodotti è chiaro, quello che non comprendo è come poterlo applicare ai servizi.
Si potrebbe strutturare una procedura particolare e poi dargli un nome e quindi un brand.
Poi pubblicizzare quella.
In ogni caso più cose scrivi e più informazioni capisco che ci sono da sapere.
Ci vediamo al corso.
Ciao Loris certamente. Con i servizi è più semplice perché produci “know how” e non cose fisiche. Il know how può anzi deve essere sempre brandizzato.
Frank, la tua performance di Milano mi ha tolto il sonno. Sono imprenditore nel settore delle granaglie all’ingrosso (compro la materia prima dagli agricoltori e la rivendo ai mangimifici). All’acquisto gli agricoltori (età che va dai 50 ai 70 anni) fanno l’asta per chi copra la loro roba più cara e alla vendita i mangimifici fanno l’asta al ribasso. Insomma, si vive finchè si riesce ma senza business model non vedo futuro. Chissà che i tuoi concetti rivoluzionari mi diano l’impulso ad andare oltre in un settore che mi sembra inchiodato e senza sbocco perchè le materie prime sono al ribasso da qualche anno e i margini sono risicati per tutti. Idea differenziante fatti viva!!
Forza Matteo. Devi saltare i mangimifici e creare il tuo brand. Non è difficile,ma richiede coraggio. Ti devi reinventare.
Grazie Frank, le tue parole sono adrenalina pura! “Reinventarsi”! Sei un genio!
L’unico modo per fare il salto di qualità a questa fase di stallo è venire a Marketing Merenda e apprendere concetti che sono avanti anni luce. Vedremo poi se riuscirò ad applicare. Oramai ho contravvenuto alla prima regola del Fight Club, e già si aspetteranno risultati senza avermi fatto fare il corso. Help!! 🙂
Ciao Matteo io sono nel tuo stesso settore… ti capisco benissimo e sono confortato dal fatto che ho trovato una persona del mio stesso settore sul blog di Frank! Purtroppo avendo una concorrenza talmente ignorante che offre di continuo prodotti a prezzi più bassi di quelli di mercato è una guerra veramente sanguinosa! Tu in che zona ti trovi? magari potremmo scambiarci dei pareri
Un saluto , Carlo
Un po’ come ha fatto Stonex con il cellulare Stonex One e la fotocamera Stonex Cam: ha commissionato il lavoro ad un’azienda cinese e poi ci ha impiantato il software Android leggermente modificato.
Peccato che gli utenti si sono accorti della cagata ovvero del fatto che in realtà lo Stonex One e la Stonex Cam non sono nient’altro che dei robi cinesi ribrandizzati e personalizzati nell’aspetto.
Tuttavia Stonex fa gran bei numeri grazie ad una serie di seguaci e nerd. Da quanto ho capito cercare di brandizzare ok va bene, ma attenzione che questo non si ritorca contro suscitando una marasma ed un passaparola negativo.
PS: Frank, se vuoi, per un prossimo articolo su Brand Positioning Italia tratta come solo sai fare tu (vedi Melegatti) il caso Stonex.
Ti ammiro, ciao.
Riccardo
Stonex ha fatto una cosa non propriamente intelligente. Ha fatto un private label SENZA differenziazione alcuna. Che è utile come un culo senza il buco. Sul fatto che faccia “gran bei numeri” permettimi di dubitare 🙂
Ciao Frank, chiedo perdono anticipatamente se la domanda che faccio è
troppo stupida ma ho un dubbio che mi assale.
Marketing Merenda è valido anche per chi volesse costruire un’azienda basando il proprio business model sulla vendita di servizi a grandi imprese (fatturato annuo >50mln)?
Un esempio semplice e stupido buttato giusto per rendere l’idea: un’azienda che crea video pubblicitari professionali che ha come target solo e solamente le grandi imprese (esempio pratico: Mercedes, Samsung, Microsoft, P&G, WarnerBros, RedBull, Fineco, Wind, ecc…)
Quindi, Marketing Merenda è valido anche per chi desidera creare un business model che ha come target questo genere di clienti oppure un’azienda che mira a questo genere di grossi pesci deve per forza seguire delle dinamiche diverse?
Grazie per la delucidazione. 🙂
Luca, tu sei nel business di acquisire clienti. Come il fruttivendolo sotto casa. Per quanto ti suoni strano, le similitudini col lavoro che fa (dovrebbe fare in realtà) il fruttivendolo in termini di marketing sono molto maggiori rispetto alle differenze.
E’ come il DNA umano e quello dello scimpanzè. Certo che se li guardi da fuori sembrano diversi, ma il 98% del DNA è uguale. Le differenze minute ce le metti tu. Ciao 😀
Ciao Frank,
Io lavoro come Resp. marketing in una azienda che ha realizzato due software : uno per il digital signage (monitor pubblicitari) e uno per la gestione documentale. Visto che ci sono una miriade di software analoghi al nostro pensavo di creare, per ogni software, delle nuove “categorie” di riferimento ad es. 1) software per la gestione documentale nel settore alimentare – 2) nel settore biomedicale – 3) nel settore della ceramica etc. Il tutto per essere percepito dal cliente come ” lo specialista per la gestione documentale nel mio settore.di riferimento” ( tanto da settore a settore comunque siamo obbligati a “personalizzare” il software in base alle reali necessitá del cliente!). Visto che la mia azienda, fino a 3 anni fa, ha sempre venduto venduto fotocopiatrici, volevo evitare di associare il brand dell’azienda nei siti di riferimento dei software oltre che alle comunicazioni di webmarketing, per evitare di dare al cliente un messaggio fuorviante e da generalista. Mi farebbe piacere una tua opinione. P.s. ci vediamo lunedí 15 a Bologna e al corso al Palariccione!!! Grazie – Mario
Ciao Mario, se la tua azienda é “quella delle fotocopiatrici” sicuramente eviterei di associare le cose. Ma domani sera in tour capirai meglio. Fa proprio parte delle spiegazioni che darò su come impostare nuovi brand. Ciao.
Grazie molte Frank ! La serata ieri sera è stata fantasmagorica !!! In relazione alla mia domanda dei 3 software che ti avevo scritto sopra ti chiedo se ha senso creare le varie verticalizzazioni per settore/area di interesse e associare ad ogni verticalizzazione un nuovo brand, piuttosto che lasciare i 3 nomi “generici” iniziali. Grazie
Sempre meglio avere un prodotto – un brand. Ricorda la regola 3 del business model.
Grande Frank, hai giá lasciato il segno (e siamo solo all’inizio…)
Grazie ancora
Grazie Mario.
Ok prodotto mio e lo produco “io”: in realtà la produzione è esternalizzata e immagino lo sia anche per il tuo studente della vernice.
Stessa cosa per il rivenditore: giacobazzi&menegazzi canna ma grazie a lui Rifra ci fa e ci farà il business anche in futuro (credo) a meno che non crea negozi tipo “scavolini” monobrand (che comunque non sono di proprietà e quindi poco cambia – sempre rivenditore è).
È predicar bene e razzolare male o semplicemente godiamo dell’ignoranza altrui? No perchè a questo punto spero che pochi ti ascoltino altrimenti il mio terzista mi manda a quel paese e mi obbliga a farmi capannone, comprarmi macchinari etc..
Quindi?
Ciao Luca, sono un professionista piuttosto conosciuto e rispettato da tanti anni. Ti prego cortesemente quindi di approcciarti a quanto dico con mente aperta e non pensare sempre all’italiana che sotto ci sia “la magagna”, il tranello o peggio la cattiveria e malafede.
Io non sono un politico. Quello che faccio é impattare su una minuscola massa di persone, dal carattere speciale e dall’intelligenza e coraggio fuori dal comune, disposta a cambiare la propria vita per il meglio. Non cerco “soluzioni per tutti”. Parla con Renzi per quello o con chi per lui.
Fare il terzista é una cosa stupida. E rimane stupida anche se é brutto dirlo, perché non hai il controllo del tuo business. Fine.
Ma nessuno gioca sull’ignoranza. E’ stupido anche fare il dipendente. Ma nelle aziende ci saranno sempre dipendenti perché la gente é disposta a barattare la sua libertà pur di vendere il suo tempo a ore e pensare (o meglio illudersi) di non avere problemi.
Prova ad andare da un dipendente e dirgli : “Ehy, non voglio lasciarti nell’ignoranza… da domani sarebbe meglio tu ti licenziassi e creassi qualcosa di tuo sul quale avere controllo”.
Probabilmente verresti preso a legnate.
Quindi non è un problema di ignoranza o informazioni. E’ proprio un problema di convinzioni.
Ci saranno sempre i terzisti. Perché sono convinti intimamente che vada bene così. ANCHE se glielo spieghi (questo audio è gratis e a disposizione di tutti, mica è riservato a una loggia massonica).
Ma magari, pochissimi tra di loro ascoltano la via corretta di fare le cose e possono essere salvati perché capiscono quanto sia a rischio la loro vita, quella dei loro cari, dei loro soci, colleghi, dipendenti ecc… e si mettono in gioco.
E noi possiamo lavorare facendoci produrre i prodotti private label dalle persone che NON VOGLIONO CAMBIARE.
La qual cosa se ci rifletti é un gioco dove vinciamo tutti, perché meglio se queste persone danno i prodotti a gente come noi che SAPPIAMO fare marketing e impresa, piuttosto che lavorare per scappati di casa che falliscono dalla sera alla mattina e lasciano anche loro in merda.
E’ un gioco nel quale vincono tutti, anche coloro i quali non sono interessati a cambiare, se ci pensi bene.
Ciao Frank
Come odontotecnico (produco protesi per odontoiatri)come posso strutturare un business model intelligente come intendi tu?grazie
Ti serve crearti un personal brand, basato su qualche differenziazione produttiva (materiali o altro).
Grandissima stima per questa risposta! Davvero, non avevo mai pensato al win-win anche nel caso dei terzisti.
Grazie Frank, ieri a Padova sei stato illuminante.
Grazie a te Stefano.
Ciao Frank, sono dipendente (aspirante a diventare il prossimo titolare) di un’azienda che vende prodotti x Ufficio ( fax, stampanti, PC, multifunzione), punti vendita (registratori di cassa) in nonché i loro consumabili ( toner, cartucciera, carta, etc.) e offre servizio di assistenza. Come potremmo allinearci al modello di fare impresa che tu predichi? Creando come primo passo il nostro brand personalizzando servizi e accessori ( che diventerebbero non originali per le macchine che vendiamo es. Toner), visto che gli altri prodotti sono praticamente in personalizzabili?
Grazie
P.s. ci vediamo a Padova dove porto anche il mio titolare!
Matteo non è il modello di impresa “che io predico”. Non sono un “predicatore”. Ti dico solo e con parole semplice quali siano i modelli di business che hanno un senso e quali no. Nel vostro caso mi sembra che al momento vendiate commodties che possono e sempre più saranno comprate online, facendovi ricadere nella guerra dei prezzi.
Scusami, non riuscivo a trovare la parola giusta e allora ho messo “predicatore”; percìò tu punteresti molto sul servizio, giusto?!
Grazie mille
Punterei a cambiare business e a non rimanere un rivenditore di commodity.
Ciao Frank, faccio il rappresentante per diverse aziende produttrici di vino ( non in concorrenza tra loro ) . Il mio cliente finale ( rivenditore a sua volta ) o prende in considerazione i grandi nomi ( che io non ho ), oppure è interessato al prezzo.
Ho aggiunto al prodotto che vendo, una formazione gratuita da me offerta, per dare piú valore percepito, piú altri servizi come gli eventi che fanno fare cassetto, ma non é sufficiente
Da quello che mi par di capire sembra che con queste condizioni convien cambiare business, in quanto non c’é controllo di nulla.
Bisogna proprio dare un calcio a tutto e rifare da capo se vendi i prodotti di altri? ….oppure frequentando un tuo corso se ne puó uscire? Grazie
Ciao Riccardo,
frequentando un mio corso ne puoi uscire nel senso che sarai preparato in ogni caso e non ripetere più gli stessi errori che rischiano di fotterti la vita. A 20 anni va bene fare esperienza. Man mano che cresci i tuoi margini per far cazzate e voler continuare a non formarti sono cose che si pagano. Care.
Ciao Frank, ti seguo da un po’ di tempo e sono venuto a Milano al marketing tour (fantastico) ho tutti i libri da te suggeriti compreso il tuo…..
Faccio il rappresentante monomandatario e vendo lastre di marmo ai professionisti del settore e progetti agli architetti per un’azienda, la più importante e, tra le più grandi al mondo con un brand spiccato. Ora però il prodotto non si può brendizzare, essendo “naturale”, inoltre quasi tutti i nostri prodotti che tanto promoviamo con eventi e marketing sono reperibili da quasi tutti gli altri concorrenti che ci seguono e copiano…. Anche se ho grandi territori mi scontro con il prezzo e soprattutto un miglior servizio che offrono i concorrenti essendo questi ultimi molto più piccoli si gestiscono meglio ottimizzando i servizi. Da un lato mi aprono tutti le porte per il forte brand poi però porto a caso pochi ordini rispetto a quanto potenzialmente potrei fare se avessi a disposizione prodotti e servizi che l’azienda cannibalizza fra i vari commerciali di tutto il mondo.
Ho maturato competenza solo in questo settore ho ripensato a come reinventarmi ma non ne vengo a capo inoltre più leggo e ti seguo più mi deprimo per non aver intuito prima in che tunnel mi sono infilato. A causa di ciò le disponibilità finanziare sono limitate. Se facessi il freelance venderei solo per il prezzo e sinceramente non vedendo aziende all’altezza sono in un vicolo cieco.
L’unica cosa che mi è venuta in mente è di creare un servizio/consulenza mirata da offrire ai professionisti e agli architetti, sfruttando le mie conoscenze del settore. Mi chiedo però cosa non conoscano già.
Che consiglio mi daresti ?
Ti consiglierei innanzitutto di frequentare Venditore Vincente a Ottobre e migliorare sul serio le tue competenze di vendita. Oggi hai dati falsi. Basi i tuoi bassi ordini su percezioni ma non hai la riprova. Se tu fossi un vero venditore professionista i tuoi ordini probabilmente si alzerebbero. Forse di molto. Ma finchè non vi entra in testa che vendere NON è “conoscere il prodotto”, essere gentili e avere la parlantina, la vostra vita non può migliorare.
Fai sto salto di qualità e mettiti alla prova. E’ l’unica via.
Buongiorno Frank
È da un pi che ti seguo ho visto tutti i video in you tube. Sono un informatore cosmeticoestetista e cerco tutti i giorni di far capire alle estetiste con un centro di iniziare a vendere ma sono chiuse in un mondo fatto di mille paure ciao grazie
Ciao Frank, ti seguo da qualche tempo, e ho tutti i libri che consigli, credo che verrò a Rimini, anche se ti dico la verità, mi sembrava oneroso per me, ma poi ho capito che mettersi in discussione, rendersi conto di aver bisogno di imparare e voler cambiare le cose, me l’ho devo a me, e alla mia famiglia, se voglio andare avanti.
Ti vorrei solo spiegare come sono messa, per capire se mi serve di più MM o VV, o entrambi:
Ho aperto un negozio di articoli professionali per bellezza, introvabili in commercio, in quanto dedicati al parrucchiere ed estetiste, solitamente vengono venduti direttamente nei saloni dai agenti, mentre io gli vendo al pubblico,quindi poca concorrenza, in più, faccio consulenza gratuita sul utilizzo dei prodotti, Diciamo che la mia “unicità” o differenziazione ce.
Mi piacerebbe incrementare, ma sono indecisa sul da farsi.
1) Aprire altri negozi come il mio in altre zone, mettendo dipendenti ;
2) Personalizzare una linea per / con il mio logo tipo come fanno i supermercati, vendono la coca , ma anche la loro sottomarca a marchio “coop” per esempio….
Tieni presente che sono prodotti di altri, gli compro direttamente dal produttore, ma a marchio loro. Per mettere la mia etichetta su un prodotto loro, mi chiedono dei numeri, giustamente, ma pensavo, e se facessi delle franchising a marchio mio?
Secondo te, quale è il corso tuo più adatto a me?
Grazie, a presto.
Dora, dal momento che devi aprire un’attività imprenditoriale, il percorso corretto è con certezza PRIMA Marketing Merenda e poi Venditore Vincente. Devi fare entrambi, ma in quest’ordine. E se un corso fondamentale per la tua attività con questa cifra ti sembra oneroso abbiamo un problema. Significa che stai partendo o hai troppa poca cassa per poter aver successo con qualunque azienda. Spendere 3-4 mila euro per un imprenditore non dovrebbe MAI essere un problema. Se lo è, non è il prezzo del corso il problema stesso ma è necessario indagare altrove.
Ciao Frank, non capisco cosa tu intenda che mi baso su percezioni e non ho la riprova ( dopo 12 anni ) Mi spiego: io gli ordini li ricevo anche ma poi l’azienda non ha il materiale ( pietra naturale ) disponibile perché già venduto, a volte solo difettoso, altre volte non ci sono le misure giuste, oppure non riusciamo a riprodurlo per tempo, a volte c’è ma il prezzo non è competitivo ecc. e il cliente va altrove….
Lorenzo intendo che tu sia un venditore sicuramente capace ma “istintivo” e limitatamente al tuo settore. Prima di impelagarti nell’apertura di qualunque cosa diversa da ciò che fai e nel tuo migliore interesse, quello che posso dirti é che io imparerei prima a diventare un venditore professionale (capace quindi di vendere in svariati contesti e condizioni) e poi penserei ad altro.
Grazie Frank, allora cosa è meglio per me prima VV o MM?
Se hai o devi aprire un’impresa è MANDATORIO MM. Ma devi farli entrambi, quindi mettili a budget. In realtà é un unico corso diviso in due per comodità didattica.
ciao Frank io ci sono 🙂
Grande Maurizio!
Buonasera
Noi abbiamo un centro estetico specializzato su il trucco permanente e paramedicale che offre diversi corsi ai nostri studenti .Mia e’ Inglese e ha molte richieste dall’ Estero dove va’ frequentemente ad insegnare . Abbiamo una linea di prodotti nostri con macchinari perla micropigmentazione e pigmenti , mia e molto conosciuta sia all’ Estero che in Italia tramiter social network. IL business sta crescendo , volevano provare la via del franchising , ma non ne abiamo ne le capacita’ di affromtare questo percorso da soli ne le possibilita ‘.
La mia domanda Frank e’ questa
Sareste disposti a valutare il nostro potenziale e chiaramente se interessati , dividedre la torta ?
Noi siamo di Monterotondo (RM) il lo studio si Chiama Studio Skin ,mia moglie Victoria Ammoscato .
Fateci sapere
Buona Serata
Ammoscato Fabio
tel. 3669904938
Fabio ciao. Innanzitutto complimenti per la tua attività. Ci detto, io non valuto progetti di business con nessuno che non sia un mio studente, cioè abbia frequentato i miei corsi. Semplicemente perché “non parliamo la stessa lingua” e il rapporto non può che finire in merda. Te lo assicuro.
Ciò appurato, è anche vero che nel mondo dell’estetica c’è un mio eccellente studente con la sua squadra che offrono la formazione TOP di gamma. Frequentando i loro corsi, potresti non avere bisogno di me per realizzare ciò che desideri. Ti metto qui il link, dacci un occhio: http://www.biutop.com
Ciao, seguendo le tue indicazioni si dovrebbe vendere solo quello che si produce, ma io con un socio ho un negozio di animali ( pesci, uccelli, roditori ecc.) che evidentemente non possiamo produrre noi.. Poi ci sono gli acquari e tutto il materiale ( filtri, pompe ecc) che non possiamo produrre perchè ci vogliono ditte specifiche per quelle cose. Siamo abbastanza conosciuti e vengono anche da lontano per comprare da noi, perchè bisogna sapere moltissime cose sui pesci, le piante acquatiche, l’uso di filtri, pompe, ecc. e noi abbiamo quelle competenze. Per i mangimi invece siamo associati a un marchio e vendiamo quasi solo quello ( su sua richiesta) , ma ovviamente neanche quello produciamo noi. Il negozio va discretamente, ma con tutte le tasse che ci sono viviamo con fatica. Pur seguendo da tempo i tuoi scritti, non riesco a capire come potrei mettere in pratica i tuoi insegnamenti e dare gas alla nostra attività…
Cristina ciao. Qualunque risposta io possa darti sarebbe sempre foriera di qualche obiezione da parte tua. Innanzitutto perché dovrei fare un analisi del tuo business e della tua concorrenza e non posso farlo. Secondariamente perché per applicare i miei insegnamenti devi avere la forza di cambiare sul serio quello che fai. E’ inutile che continui a seguirmi se non vuoi cambiare nulla. Capisco perfettamente che il business non sia solo in mano a te e che magari trovi opposizione dai tuoi parenti/soci ecc… ma è una problematica che si trovano tutti ad affrontare.
Diciamo che di base hai almeno capito le basi concettuali, e cioè che a fare “come sempre avete fatto” perché “si è sempre fatto così” appunto le cose non vanno bene ma si vive con fatica.
Ora la soluzione non è basata su nessuna bacchetta magica, ma sulla costruzione di un piano di marketing che abbia un senso. Detto in parole povere, devi deciderti prima o poi a investire nella tua formazione marketing, perché mi pare ovvio che non lo sappiate fare, vi siete ridotti a fare i distributori di qualunque cosa e avrete col tempo margini sempre minori.
Quindi devi decidere se vuoi cambiare sul serio la tua vita (e quindi studiare e applicare) oppure vuoi continuare a lamentarti che si vive a fatica e non fare nulla per cambiare la tua situazione.
Ovviamente ogni cosa si ottiene a fronte di una rinuncia. Quindi probabilmente devi dirottare una piccola parte del tuo fatturato in formazione e marketing.
Se non puoi farlo, cioè non puoi spendere ad esempio la cifra che costa partecipare a Marketing Merenda significa che hai problemi più grandi e quindi la formazione non ti serve, quanto piuttosto parlare con il tuo commercialista e decidere serenamente se valga la pena o meno tirare avanti con il rischio di creare buchi enormi difficili da ripianare.
Prendi in mano la tua vita e decidi.
Ciao Franck seguo da tempo il blog e ti chiedo possibilmente un chiarimento, come puó un rivenditore di accessori moda affermato e conosciuto evolversi a brand indipendente ? Creando la propria linea private label e inserendola inizialmente insieme ad altri brand ? E il brand private label meglio sfruttare il nome del rivenditore affermato o un brand nuovo siccome il nome del rivenditore è associato solo alla rivendita ?
Grazie mille in anticipo e spero in un futuro di partecipare ad un tuo corso
Andrea, io starei molto buono e fermo finché non puoi formarti bene, evitando di fare cazzate che fanno danni e basta. Di base non si può rispondere alla tua domanda senza avere più dettagli. Certamente avere un prodotto private label è la base. Per il naming bisognerebbe fare un analisi approfondita (come si chiama la tua rivendita? Non rispondere, è solo per farti capire 🙂 Il nome ha senso o fa cagare? Può essere un buon naming legato al prodotto che vuoi vendere? Quanto è legato alla rivendita? Ecc…ecc…ecc…
Come detto comunque, stai fermo e non fare cazzate finché non apprendi correttamente il marketing o non fai una consulenza specifica.
certo capisco di andare con i piedi di piombo ma davvero ne ho abbastanza di stare ai diktat dei brand, che all’inizio crescono insieme offrendo l’esclusiva e dopo 3/4 anni cambiano le regole siccome si vogliono espandere e uccidono il mercato… e noi abbiamo fatto solo il piacere di farli crescere…
ovviamente sono cose che già ben sai e sono specificate e descritte già nel tuo blog…
solo che tra miriade di brand che nascono ogni giorno ho davvero difficoltà a creare un brand che sappia differenziarsi rispetto ad altri visto che produrre il prodotto migliore è inutile e non rilevante, di materiali e design ce ne sono per tutti gusti.. far nascere un brand private label che però non ha tratti distintivi da altri brand penso sia inutile.
grazie per l’attenzione e complimenti per il blog