Vuoi 100.000 € in più al mese grazie a un’americanata?

È davvero possibile incassare velocemente 100.000 € (o anche solo 50.000 €… o anche solo 10.000 €) in più al mese, grazie a una strana e sconosciuta “mossa segreta” in salsa USA che ti dia un vantaggio quasi illegale sulla concorrenza?

La risposta ovviamente è “sì” poiché questa cosa accade ogni giorno laddove nelle mie aziende o in quelle dei miei studenti si applichi un piano di sviluppo finalizzato all’aumento dei risultati.

Di quanto si possono aumentare i risultati? Dipende. Qualunque cifra è contemporaneamente sia possibile che sparata a casaccio se non si basa sui numeri dell’azienda, di bilancio, di personale disponibile ecc…

Ma è pur vero che aumentare i fatturati si può e si deve fare. Ovviamente in un’ottica di mantenere inalterati o addirittura migliorare se non in alcuni casi almeno di peggiorare se non di poco i margini veri e propri.

Questa “mossa segreta” o “Americanata” ha un nome specifico e ben meno poetico e si chiama: Marketing.

E anche vero tornando un attimo indietro come sia sciocco e dannoso se non inutile qualunque “mossa segreta” che aumenti i fatturati danneggiando gli altri parametri di redditività aziendale, soprattutto per una piccola impresa classica italiana.

È quindi molto importante non solo agire, ma agire nella direzione di numeri che contino, che abbiano a che fare con il benessere vero e proprio dell’azienda e soprattutto che siano controllati dall’imprenditore.

La cosa che più mi fa soffrire prima come imprenditore innamorato del proprio Paese e poi come insegnante di marketing e vendita è sentire ancora oggi nominare le mie amate discipline in modo dispregiativo, scherzoso, svilente e spesso relegate in un angolo con il bollino di “americanate”.

Il problema non è tanto il rapporto con le persone ignoranti sull’argomento che parlano per sentito dire, quanto proprio la mia missione è ormai da tempo riuscire a far passare determinati concetti esattamente a quelle persone che più ne avrebbero bisogno: imprenditori e liberi professionisti, cioè coloro che più degli altri sono refrattari a certi argomenti e che invece sono gli UNICI veri beneficiari delle possibilità create dal marketing.

Ora, è necessario spendere due parole sul perché chi ha più bisogno della “cura marketing” per la sua attività sia tra le persone più refrattarie in assoluto a “farsi curare”.

Sia chiaro che non sono certo qui per cercare di convertire o convincere persone ormai a fine corsa, deluse, amareggiate, scoraggiate e che pensano che la causa dei loro problemi sia interamente da addossare alla “crisi”, alla “globalizzazione”, al Nuovo Ordine Mondiale ecc…

Non ho nulla in contrario a queste persone e alla loro mentalità, nel senso che non me ne occupo né ho alcuna intenzione di convincerli del contrario.

So bene però come al netto di complotti segreti, crisi manipolate dalle banche cattive e altre teorie plausibili o meno ecc… vi sia la possibilità di reagire sul piano individuale e ottenere quel successo che ogni imprenditore piccolo o grande che sia merita.

Anzi, io sono perfettamente consapevole che moltissime persone stiano passando una fase di “crisi” imprenditoriale nella quale non avrebbero voluto ritrovarsi. E so per certo che la maggioranza assoluta di costoro sia brava gente, dedita all’azienda, che ha fatto sacrifici per anni, che ha ipotecato beni personali per continuare ad avere affidamenti bancari, che ha pagato finché ha potuto tutte le fatture e onorato tutti gli stipendi dei propri collaboratori.

Sia ben chiaro che per me gli imprenditori sono un patrimonio da tutelare, sviluppare, proteggere e incentivare in ogni modo e che le rare mele marce abbiano a che fare con l’essere appartenenti alla fallace razza umana e non certo siano persone avide o malvagie in quanto imprenditori come una certa corrente ideologica legata ancora oggi alla “lotta di classe” voglia far credere.

È anche vero che chi ha imparato a piantare un chiodo con il martello, spesso è uno zuccone orgoglioso che vuole continuare a piantar chiodi tutta la vita nello stesso modo, anche quando le condizioni esterne mutano e sarebbe necessario mettersi un minimo in discussione e aggiornarsi per poter continuare a procedere come prima se non meglio.

È pur anco vero inoltre che io non sono affatto una sorta di “profeta del cambiamento”, come tanti se ne incontrano che parlano in maniera vuota e scollegata dalla realtà, dell’importanza di adattarsi a qualcosa che in realtà non capiscono nemmeno loro e che ha ben poche radici e attinenza con il mondo concretissimo che il “Bepi che deve alzare la clera” ogni mattina si trova ad affrontare (Giuseppe che deve alzare la serranda = l’esercente tipo italiano con problemi reali quotidiani).

Voglio quindi spendere due parole di numero su quella che è la mia visione sulla necessità di cambiare per gli imprenditori e che cosa significhi cambiare, perché e come farlo e a cosa sia necessario “reagire”.

Cambiare infatti non significa nulla per un imprenditore. Un imprenditore deve invece reagire a stimoli esterni che modificano il suo ambiente, e farlo per mantenere intatti i propri guadagni o meglio ancora aumentarli, prima ancora che la situazione abbia cominciato a erodere la sua attività.

Torniamo all’elefante nella stanza allora e affrontiamolo di petto. La sparo senza paura: “Anche secondo me il marketing è un’americanata!”.

Non sono né ironico né sto cercando con qualche raffinato gioco di parole di intendere qualcosa di sottile o diverso da quello che ho appena detto.

Esiste un insieme di imprenditori che si dividono ormai in almeno tre generazioni, fermamente convinti – almeno in Italia – dell’inutilità del marketing quantomeno per le piccole imprese e che tutto ciò che conti nel mondo dell’impresa sia:

  • Avere uno Stato che assicuri in qualche modo prosperità media per tutti
  • Creare buoni prodotti e/o servizi
  • Fare in modo che la gente li conosca e li provi (magari ancora con rappresentanti porta a porta o azienda a azienda o negozio a negozio con la valigetta in mano)
  • E il resto verrà da sé…

E continuo a dire che queste persone hanno perfettamente ragione perché loro hanno fatto impresa così, hanno avuto successo così o almeno i loro nonni e i loro genitori hanno avuto successo (o hanno raccontato di avere avuto successo) così e quindi se oggi ci si trova in difficoltà le cause devono essere “fuori da noi”.

C’è da dire che effettivamente dal dopoguerra fino alla fine degli anni ’90 la situazione è stata assolutamente così come l’ho appena dipinta. Mettersi a produrre o aprire la serranda e lavorare mediamente bene assicurava prosperità o quantomeno una degna professione e un degno sostegno per sé e per la propria famiglia.

Sarebbe quindi il caso in maniera molto pratica e concreta andare a visionare come mai vi sia stata questa presunta o reale “età dell’oro” in Italia e come mai ora sia finita (se è veramente finita) oppure l’oro stia solo passando di mano verso coloro i quali si sono dotati degli strumenti più efficaci per trovarlo e raccoglierlo.

Vediamo quindi insieme i vantaggi competitivi degli imprenditori fino alla generazione scorsa che i trentenni di oggi purtroppo non hanno più, nonostante vengano ingiustamente additati dai vecchi come “privi di midollo” e “incapaci”.

Primo vantaggio competitivo che tu non hai: La necessità di tutto che crea domanda infinita

Siamo nel primo dopoguerra, in un’Italia distrutta dalle bombe. Qualunque persona coraggiosa e con la visione di passare da artigiano che fa le sedie a mano nella stalla a piccolo imprenditore che compra un macchinario e produce le sedie in serie in un capannone permette a una nuova generazione di persone di diventare ricche dalla sera alla mattina.

In un’Italia sventrata e bisognosa di tutto, chiunque ebbe sia il coraggio che la forza di mettersi a produrre, divenne ricco con la semplice capacità di soddisfare una domanda che non aveva confini anche solo a livello nazionale.

Diventava ricco e nuovo borghese sia colui che per primo approdava al mercato nazionale grazie alla televisione e Carosello (che all’epoca fu una rivoluzione per il commercio esattamente come lo è internet oggi), ma anche coloro i quali semplicemente diventavano i “mastro qualcosa” a livello provinciale o anche solo cittadino.

Non a caso l’esodo dalle campagne portava le persone verso le fabbriche delle grandi città. Dopo anni a riqualificarsi da contadino e bracciante a tecnico e operaio specializzato, la nostalgia di casa e la voglia di mettersi in proprio causava quella meravigliosa migrazione di ritorno verso il paesino o la cittadina di origine.

Si comprava un macchinario usato dalla grande fabbrica di Torino nella quale si aveva prestato servizio per tanto tempo, e si portava quel macchinario a Barletta per diventare l’unico produttore seriale di bicchieri della provincia. E si diventava i nuovi borghesi di paese cambiando le sorti della propria famiglia e diventando improvvisamente “ricchi” rispetto tutti gli altri che non avevano avuto la forza prima di emigrare e poi di ritornare con visione imprenditoriale.

Il primo ingrediente per fare impresa era il coraggio. Bastava quello. Unito a una capacità produttiva almeno sufficiente, cambiava le sorti di una famiglia in pochissimo tempo.

Non vi era bisogno di fare marketing a meno che appunto non si intendesse avere “grilli per la testa” e finire in televisione per crearsi grazie a Carosello un mercato nazionale.

Bastava essere il primo ad aprire, mettersi a produrre e la gente sarebbe corsa.

Per i liberi professionisti era la stessa cosa. A parte quelle vere e proprie caste che sono sempre state tutelate e protette per legge tipo i notai, con l’aumento delle p.iva aumentava la richiesta di commercialisti, ragionieri, avvocati ma anche a prescindere di dottori, dentisti ecc…

Chiunque fosse “laureato” aveva un vantaggio competitivo nel mondo del lavoro che gli permetteva di avere più clienti di quanti ne avrebbe potuti servire. Il problema è che una situazione del genere non è la norma ma frutto di una congiuntura particolarissima irripetibile ma anche insostenibile per sempre. Ma andiamo avanti.

Gli esercenti, i negozianti ma anche i baristi, i panettieri divennero anche loro i piccoli nuovi borghesi.

Eri il primo ad aprire quel tipo di bottega o negozio in paese e essenzialmente avevi assicurato il futuro a te e alla tua famiglia. In Italia infatti a differenza che negli USA non vi è mai stato il concetto di concorrenza.

Per gli italiani è sconveniente farsi concorrenza e tu puoi aprire un’attività solo se non pesti i piedi a nessuno e non fai concorrenza a coloro i quali c’erano prima di te. O se chiedi l’autorizzazione a fronte di favori molto particolari dai quali non ti sdebiterai mai più.

Una volta uno studente mi disse che quando provò ad aprire un’attività in una città in Calabria, dove certe “tradizioni” sono ancora molto “vive”, non passarono due settimane che gli vennero a “raccontare” come l’attività che voleva svolgere in città fosse già appannaggio di un certo Antonio Qualcosa e che se voleva continuare a camminare sulle gambe senza l’ausilio di una sedia a rotelle gli “raccomandava” gentilmente di tornarsene a casa sua a fare altro.

Consiglio che ha accettato con grande gioia e serenità al fine di evitare di gravare sul sistema sanitario nazionale o intasare più velocemente del previsto i patrii cimiteri.

A parte questa che è una storia vera ma di colore, se tu e la tua famiglia avevate aperto la prima panetteria in paese, o la prima gelateria, o il bar nella piazza, almeno per il 95% dell’Italia che è composta da provincia non avresti mai avuto nessuno del tuo stesso paese così screanzato da aprirti accanto e farti concorrenza.

Non necessariamente perché gli avrebbero messo una testa di cavallo nel letto, ma proprio perché in generale socialmente è qualcosa che “non si fa”. Non “sta bene” tra gente perbene che si conosce.

La seconda gelateria o il secondo bar si apriva molto lontano dal primo, quando il paese o la città si espandevano con l’edilizia verso le periferie, giustificando de facto la necessità vera e propria di una nuova attività. Altrimenti nisba.

Anche qui parliamo per decenni di attività per il quale imparare ad acquisire clienti (cioè fare marketing, la famosa “americanata”) è sempre stato assolutamente irrilevante se non inutile.

Che te ne fai del marketing quando sei l’unica attività del tuo genere in paese e la seconda si trova in periferia e non vi fate concorrenza manco di striscio? E quali nuovi clienti che la gente del paese si conosce tutta e le persone quelle sono?

Ma certo che parliamo di inutili americanate, ci mancherebbe.

Secondo vantaggio competitivo che tu non hai: Tassazione inesistente

Non è un mistero né deve essere tabù dirlo che per decenni la tassazione in Italia è stata qualcosa di totalmente inesistente sul piano concreto.

Ancora oggi l’utile medio pro tassazione dichiarato delle aziende italiane è di 14.500 € circa. E sto contando tutte le aziende, comprese le multinazionali e le grandi compagnie.

Se scendiamo al livello delle micro-aziende che costituiscono il 95% delle aziende italiane (sono considerate micro-aziende quelle imprese sotto i 2.000.000 € di fatturato e entro i 10 dipendenti totali) il dato non supera i 4.000 €. Cioè niente.

Se da quando il fisco ha cominciato a far sentire la sua morsa (ma ne parleremo dopo) gli imprenditori italiani hanno reagito con un’unica grande richiesta al commercialista che è “fammi pagare meno tasse” o “non farmi pagare tasse”, è anche vero che questa richiesta nasce dal cercare di mantenere vive quelle abitudini di una volta per le quali il nonno e il papà semplicemente non si preoccupavano nemmeno di pensarci alle tasse.

Dal ruggente triveneto con le concerie e i mobilifici con le mazzette di contanti sotto le travi, ai negozi che battevano quando si sentivano particolarmente ligi uno scontrino ogni 10, ai notai che in Sicilia (storia vera raccontatami direttamente da un mio socio) a Novembre staccavano la fattura numero 2, in tutta Italia si è sempre ballata un’allegra macarena a base di pioggia di nero.

Attenzione che io sono un libertarian di scuola austriaca, penso che la tassazione sia da contestare in genere ma sicuramente in Italia ha raggiunto dei livelli (almeno teorici) che non sono equi né equilibrati né giusti.

Il dato vero però è che parliamo di un cane che si morde la coda, nel senso che le tasse e la pressione fiscale e in certi casi le angherie di certe forze di riscossione aumentano in funzione del fatto che le tasse non si sian pagate mai e ancora oggi si lavora per non pagarle, chiudendo i bilanci a zero.

Posto che non è compito mio né fare politica né proporre soluzioni perché non sono in grado, è importante solo osservare la realtà che è la seguente.

Se fai tutto nero non hai realmente necessità di imparare a gestire una partita iva. In un modo o nell’altro troverai più o meno sempre il modo di far girare il denaro e far star bene la tua famiglia. Il problema sorge quando cominciano a chiederteli e tu invece che aggiustare i conti e fare in modo di rendere sostenibili i flussi di cassa della tua azienda, chiedi semplicemente al commercialista di continuare a trovare escamotage per continuare a non pagare tasse, come ti aveva insegnato tuo papà e tuo nonno prima di lui.

Piccolo inciso che a molti non piace sentirsi ricordare: le tasse si pagano sugli utili, non sui fatturati. Quindi non esistono aziende che chiudono per colpa delle tasse. Esistono invece sicuramente aziende che non hanno un controllo di gestione corretto e muovono male la cassa trovandosi poi in difficoltà.

Ed esiste sicuramente una tassazione italiana non equa, ma che influisce al massimo su quanto l’imprenditore si possa mettere in tasca o ridistribuire. Non sull’effettiva possibilità dell’azienda di andare avanti se gestita correttamente.

Visto che sulla quantità della pressione fiscale non si può lavorare, allora magari è il caso focalizzarsi su ciò che si può invece controllare, che è la quantità di denaro che posso produrre e trattenere legalmente, nonostante la tassazione che grava sulle nostre teste.

Ma è importante ribadire che le aziende non chiudono per le tasse, poiché semplicemente non è possibile, bensì per una gestione non accurata.

Gestione non accurata che spesso sgorga dal classico costrutto all’italiana nel quale si ha la moglie in amministrazione (per gestire Black & White e risparmiare qualcosa) che poi passa le carte al commercialista di paese che tutto sa fare o si occupa di fare tranne che una corretta pianificazione fiscale e un corretto controllo di gestione.

Quindi si vive in questo film nel quale la moglie passa le carte al commercialista e il commercialista è quello brutto e cattivo che “ti chiama solo per dirti quanto e quando devi pagare”. Magari soldi che non hai più sul conto perché usi la cassa aziendale come se fosse la tua cassa personale.

Terzo vantaggio competitivo che tu non hai: Cashflow finanziario elevato

Ti ricordi che tuo papà o almeno sicuramente tuo nonno ti dicevano che loro non avevano mai fatto debiti, che debiti non ne dovevi avere e loro non ne avevano mai avuti con un certo orgoglio ecc…?

Mentre tu sei cresciuto per qualche anno in un mondo a base di affidamenti bancari, fidi, castelletti, anticipi fatture e per i privati prestiti, finanziamenti, rate e carte revolving su tutto?

E non hai mai capito che cosa stesse succedendo?

Te lo spiego con parole semplici. Ti ricordi dal paragrafo prima il vecchio bel mondo dell’El Dorado Italiano noto anche come “Tutt’annìre”?

Ecco, diciamo che da un certo momento in avanti finisce perché lo Stato e il Fisco cominciano a starti fiato sul collo. Almeno da Firenze in su sappiamo che è così mentre alcune regioni centro-meridionali ancora beneficiano di qualche “sacca di tolleranza fiscale” almeno a particolari condizioni di amicizie e conoscenze, ma è inutile ora parlarne ai fini della discussione.

Ora qual è il vero problema di questa situazione se nonostante il Fisco sul collo tu corri ai ripari (o pensi di correre ai ripari) evitando comunque di fare utili e pagare quindi zero tasse o meno tasse possibili?

Il vero problema è che dai tempi di tuo padre e di tuo nonno è cambiato il cashflow (o flusso di cassa in italiano comune) che usi per far andare avanti la tua azienda.

Un’azienda prospera quando sta in piedi attraverso un uso corretto del cashflow noto come cashflow operativo.

In maniera iper-semplificata giusto a fini didattici, se tu vendi qualcosa a 20 € oggi e la paghi 10 € ai tuoi fornitori tra 60 giorni hai sia un profitto che un flusso di cassa operativo positivo. In maniera sintetica, significa che la tua azienda è sana.

Va bene anche se tu vendi qualcosa oggi a 20 € e la paghi sempre oggi al tuo fornitore a 10 €. Continui a essere in una condizione di cashflow operativo positivo e stai facendo profitti.

E questa è la condizione naturale e spontanea nella quale si sono sempre ritrovati i nostri nonni e i nostri genitori che facevano impresa, fino a che l’ampia gestione del business attraverso il nero permetteva di avere un flusso di cassa immediato e positivo anche non volendo.

Ma cosa è successo a te che a tuo nonno imprenditore non succedeva?

Oggi ti ritrovi in una condizione nella quale pur di fare affari, accetti di dilazionare i pagamenti. Tutte le aziende in Italia hanno cominciato a sacrificare il cashflow operativo sull’altare dell’“altrimenti non comprano” e i dilazionamenti di pagamento sono entrati di prepotenza nel mondo della negoziazione imprenditoriale (almeno in ambito B2B, il privato che in particolare compra prodotti tende a dover pagare comunque subito).

Si è cominciato quindi a credere che fosse possibile vendere oggi un prodotto a 20 €, accontentandosi di incassare a 120 giorni pur di vendere e di non lasciare il contratto in mano alla concorrenza disposta a negoziare duro su quel parametro oltre che sul prezzo, pagando però i 10 € al nostro fornitore subito o a 30 giorni.

In questo modo si entra nel campo minato del profitto teorico, perché se è vero che in teoria dall’operazione dovresti ricavare un margine positivo, in pratica tu hai già tirato fuori i soldi ma non hai ancora incassato e non è detto che incasserai.

Questo meccanismo è stato incoraggiato dalle banche per anni. Il piano che avevano, mi dispiace essere molto crudo ma devi saperlo, essenzialmente era questo:

“Questi stanno finendo sotto e non riescono a farsi pagare in tempo. Ma se chiudono e basta noi cosa ci guadagniamo? Allora ci occuperemo noi di dargli flusso di cassa finanziario in modo che credano che sia tutto normale e che possano continuare a fare impresa tranquillamente. Ovviamente in cambio gli chiediamo di impegnarsi con ipoteche e garanzie personali… la casa loro e dei loro genitori sai… cose così. Poi mentre gli diciamo che il direttore è loro amico e di non preoccuparsi con una mano, con l’altra gli mettiamo un triplo bollino rosso sopra e li teniamo monitorati stretti. Appena il tasso di insoluti supera la zona di guardia, gli diciamo di rientrare. Non potendo farlo, ci prendiamo tutto quello che hanno, capannoni, negozi, uffici e case. E avanti un altro. Lascia che si impicchino alle travi del capannone per la disperazione quando realizzeranno cosa gli abbiamo fatto, non sono affari nostri.”

Ecco quindi che i nuovi imprenditori così come i “vecchi” impreparati al cambiamento e senza l’arma del marketing a difenderli e a tutelare il cashflow operativo dell’azienda, cadono nel tranello di accettare la polpetta avvelenata di sostituire il cashflow operativo come spina dorsale dell’azienda con il cashflow finanziario prestato dalla banca.

Sembra la stessa cosa ma non lo è. È una trappola.

Se costoro avessero studiato un po’ l’Antico Testamento ad esempio, conoscerebbero un precetto che è alla base di tutta la gestione ebraica del denaro e dei patrimoni. Il precetto che si trova in Deuteronomio recita così:

“Tu non prenderai mai in prestito denaro ma ne presterai, poiché chi presta denaro diviene padrone mentre chi ne prende in prestito si fa schiavo.”

Ora non vorrei essere frainteso. È importantissimo saper ottenere e gestire flusso finanziario dalla banca. È importante come effetto leva per il tuo business e per accelerarne i risultati.

Il problema è che il cashflow finanziario è una droga se non stai attento. Se usato bene e normalmente, cioè quando l’azienda si poggia solidamente e in maniera equilibrata sul cashflow operativo, allora il cashflow finanziario ti permette di mettere il turbo.

Hai presente i coattissimi film della serie Fast&Furious con Vin Diesel, quelli che acchittano le macchine con le bombole di protossido di azoto per vincere le gare? Ecco… il cashflow finanziario può essere il protossido di azoto che ti permette di accelerare e staccare la concorrenza al momento giusto.

Ma non puoi usare solo protossido di azoto al posto della benzina di base, perché altrimenti la macchina esplode, salta per aria e vola giù per le scarpate in fiamme… esattamente come è successo a tanti bravi imprenditori che si son fatti convincere a firmare garanzie personali e a farle firmare ai parenti a fronte di qualche bombola di illusorio ossigeno.

Ora, tornando a noi, quando hai un cashflow finanziario elevato puoi continuare a evitare di pensare al marketing e hai ancora diritto di credere che sia una americanata.

Perché se aumenti il rischio di insoluti e lo metti in leva pensando (illusoriamente) di girarlo alla banca (che invece aspetta solo di venirti a prendere casa, a te e a tua mamma vedova) allora puoi continuare con una politica di sconti e soprattutto mettere in leva la dilazione di pagamento che puoi offrire come contropartita ai clienti.

Quindi se hai una banca che ti regge il gioco più di quanto non faccia quella del tuo concorrente o semplicemente sei più spregiudicato, puoi evitare di fare marketing e limitarti a combattere la guerra dei preventivi vincendo per “estensione delle condizioni” e dilazioni di pagamento. E continuare a illuderti che stai sopravvivendo quando invece stai solo legando più stretto il cappio attorno al tuo collo e il masso alla tua caviglia.

La stessa cosa accadeva anche a chi vendeva ai privati. Nel primo decennio degli anni 2000 è stato veramente aragosta e champagne a debito per tutti, con operai e impiegati a sostenere tenori di vita da direttori di multinazionali.

Nell’arco di mezza generazione si passa dalla famiglia italiana parca e orientata a risparmiare a una macchina a testa in famiglia, un televisore al plasma per ogni stanza, settimane bianche e a Sharm el Sheik di cittadinanza per tutti, due cellulari a testa ecc… tutto a buffi, mutui, prestiti, debiti, a rate.

Quindi è vero che fino al 2010 circa si sentiva molto meno il lamento “Ma c’è la crisi, la gente guarda solo al prezzo!”.

Ti svelo una cosa. Gli italiani hanno sempre guardato in maniera scrupolosa al prezzo. Siamo o meglio eravamo una nazione di prudenti risparmiatori. Sei solo tu che hai la memoria storica inesistente o corta.

Ma c’è stato un decennio di Aragosta e Champagne illusorio nel quale le banche finanziavano tutti e che va dall’entrata in vigore dell’Euro pressapoco al 2010. In quegli anni era più importante pagare la rata bassa (senza verificare che ti stavano prestando magari denaro al 18-20% di tasso di interesse) che preoccuparsi di quanto si stava pagando non solo il prodotto in sé ma tutto il finanziamento usuraio che in realtà ci si stava accollando.

Ma la “Milano da bere” era dura a morire e la gente se gli offri il Paese dei Balocchi intanto lo prende… poi a pagare ci penseremo. Questa è la mentalità delle persone che le banche conoscono bene e sfruttano a loro vantaggio.

E sono così bravi a venderti i loro prodotti che sei tu che li implori, non sono certo loro che ti puntano una pistola alla tempia per prestarti soldi. Quindi non puoi in linea teorica nemmeno recriminare o lamentarti. No?

Una delle frasi che ricordo con grande attenzione di Warren Buffet è la seguente:

“Non è possibile prendere in prestito denaro al 18 o 20 per cento e rimanere in piedi. Io non potrei mai farlo. Fallirei. Tenetevi il più possibile lontani dai debiti. Quando otterrete un importo in cambio di un interesse ragionevole, trovate pure una casa che vi piace e acquistatela. Ma non fatelo prima di essere in grado di gestire l’acquisto. Assumete impegni che siete in grado di onorare e evitate gli altri.”

Quando in Italia siamo passati in quegli anni dalla vendita di prodotti e servizi alla vendita di denaro per acquistare quei prodotti e servizi, era chiaro che ci stavamo mettendo da soli sull’orlo del baratro.

C’è da sottolineare che dal 2010 in avanti le banche hanno prima fatto cassa, escusso, pignorato e rilevato tutto quello che potevano e poi hanno smesso di erogare denaro alle imprese.

È brutto dirlo e vorrei non essere frainteso ma da un lato penso che questa cosa sia un bene, perché pur avendo costoro messo in ginocchio centinaia di famiglie, almeno la catena si è rotta e non si avrà un accumulo di danni su danni.

Oggi è il momento di cambiare il modo di fare impresa ed evitare di affidarsi a trucchi finanziari come quelli di cui stiamo parlando o usarli in maniera realisticamente parlando il più marginale possibile.

Quello che serve a un imprenditore oggi è imparare a fare marketing, per procurare vendite secondo i nostri criteri di decisione, che creino cashflow operativo sano per l’azienda. Tutto il resto è contorno quando non addirittura veleno.

Ma ci torniamo tra un attimo, volevo proseguire il discorso prima…

Quarto vantaggio competitivo che tu non hai: la svalutazione monetaria

Hai presente papà o nonno che si lamentano dei cattivi cinesi che vengono in casa nostra, fanno i prezzi bassi e pagano la gente in nero ecc… ?

Bene, ti stanno raccontando esattamente quello che facevano loro e che li teneva competitivi prima dell’entrata nell’Euro.

In maniera sintetica, prima con Ciampi e poi definitivamente con l’ingresso nella moneta unica, l’Italia perde la sovranità monetaria, cioè la possibilità di stampare denaro a piacimento e di gestire in autonomia le proprie politiche inflattive che ora sono di competenza sovranazionale.

So che la politica si occupa con pareri ovviamente discordanti di questo argomento. Io non me ne occupo, non è il mio settore e non mi interessa. Mi limito a sottolineare la conseguenza di un certo tipo di politiche monetarie portate avanti dall’Italia per decenni in quegli anni apparentemente d’oro che identificheremo per comodità didattica con il defunto Bettino Craxi e i governi che si sono succeduti in quegli anni della mitica “Milano da Bere” con lui o intorno a lui.

Ora, devi sapere che negli anni del mitico Craxi che è ricordato oggi con revisionismo storico e nostalgia da alcuni dei vecchi perché “almeno quando c’era lui girava la money”, l’Italia stampava denaro come se fosse carta straccia pur di generare un falso benessere che non poteva esser altro che temporaneo basato su due punti:

  1. Svalutare la Lira del 20-30% rispetto a Franco Francese, Marco Tedesco, Sterlina Inglese ecc… e quindi renderci “competitivi”.
  2. Creare falsa prosperità assumendo TUTTI amici e parenti degli elettori di questo o di quel partito attraverso voto di scambio in enti statali, parastatali, comunali, provinciali, regionali ecc.

È così che abbiamo vissuto per un trentennio circa in questo mondo dei balocchi dove tutti avevano uno stipendio fisso, andavano in pensione a 45 anni e le nostre aziende erano i “cinesi d’Europa”.

In pratica noi esportavamo poiché – al di là della qualità dei nostri prodotti – potevamo avvantaggiarci di un cambio favorevolissimo per il quale costavamo sempre almeno un 30% in meno dei nostri concorrenti tedeschi, francesi, inglesi ecc…

Aggiungici la tendenza a fare nero molto più che nel resto d’Europa. Aggiungi che solo in Sicilia ci sono 16.000 guardie forestali che fanno finta di “guardiare” i cespugli della macchia mediterranea e prendono uno stipendio, aggiungi un esercito di parassiti che intasano la macchina burocratica italiana con i loro inutili posti in ogni apparato possibile e hai il quadro del “grande miracolo italiano”.

In Italia c’è stata per decenni l’illusione di un Grande Fratello che sarebbe dovuto essere lo Stato, che avrebbe dovuto assicurare prosperità e benessere a tutti con una spinta minima. E prosperità e benessere per i nostri genitori e i nostri nonni c’è stata ma si sono “magnati” tutto come le cavallette e a scapito del nostro futuro, lasciando a noi il cerino in mano e con l’infamia di doverci pure sentir dire che siamo “senza spina dorsale e incapaci… che ai loro tempi…”.

Ah ai tuoi tempi, vecchio, tutti avevano un impiego pubblico solo votando DC o PSI ogni cinque anni, facevi tutto nero che ti ci riempivi pure le mutande, andavi in pensione a 45 anni e ti aprivi una nuova attività a partire da una rendita sicura, i tuoi prodotti costavano il 20-30% in meno del resto d’Europa e facevi il mago dell’export pur parlando dialetto.

E oggi mi prendi in giro perché denuncio la necessità per gli imprenditori italiani di apprendere per forza il marketing dicendo che sono “americanate”. Ah ma guarda che io ti credo, non temere. Nel mondo figa e champagne gratis per tutti nel quale sei cresciuto te e che ti sei sbudellato, il marketing sono CERTO che NON servisse.

Solo che a noi avete lasciato le macerie e paletti di ebano da infilarsi là dove non batte il sole.

Quando è entrato in vigore l’Euro e non potevamo più usare la leva della svalutazione monetaria per fare i cinesi d’Europa, le banche hanno cominciato il decennio di metadone finanziario a base di prestiti, castelletti, fidi, mutui e chi più che ha più ne metta.

Quindi per ancora dieci anni abbiamo fatto finta che le cose andassero bene e che fossimo tutti “ricchi”. Poi nel 2008 è esplosa la bolla immobiliare, le banche si sono rese conto che avevano già in pancia troppi immobili e hanno smesso di fare il giochino “Ti presto i soldi, aspetto che salti e mi prendo casa tua”.

E si sono rivolte ai mercati finanziari dove hanno perpetrato quelle porcherie che vediamo oggi come i vari casi MPS, Popolare di Vicenza ecc…

Poi come ultima linea di sopravvivenza, gli imprenditori hanno usato il fisco come leva di cassa. I controlli del fisco per anni sono stati blandi e poco oppressivi, quasi inesistenti. Sempre con la possibilità di condonare, che arrivasse una sanatoria, che andasse tutto in prescrizione ecc…

Quindi gli imprenditori non potendo più finanziarsi né con le vendite, né con il nero, né con le banche hanno trovato intelligente trattenere e usare i soldi che sarebbero stati dovuti al fisco con la mentalità del “poi si vedrà”. E ha funzionato. Per un po’.

Poi un bel giorno il Fisco si è rotto le scatole e si è trasformato in un controllore spietato e inarrestabile e ogni giorno che passa controlla tutto, dai movimenti ai conti correnti, all’uso del contante, ai prelievi e sempre più chiede i soldi immediatamente e non alla fine dell’anno fiscale.

Ecco, il marketing concordo che non serva se fai impresa in un mondo dove:

  1. Fai 99% di nero.
  2. Svaluti moneta e i tuoi prodotti costano di base un 20-30% in meno dei concorrenti internazionali.
  3. Le banche ti mettono in leva riempiendoti di cashflow finanziario permettendoti di dilazionare i pagamenti ai clienti in modo insostenibile.
  4. I tuoi clienti hanno tutti un posto fisso pagato con i soldi delle generazioni future che si terranno lo zeppo in mano.
  5. Trattieni i soldi del fisco e ogni X anni tappi i buchi con due tozzi di pane.

Ecco, in un mondo del genere non è necessario imparare a fare marketing e la nostra definizione: “L’imprenditore è un esperto di marketing che sa leggere un bilancio” non ha senso.

Sembriamo una massa di scemi che parla del nulla. E io sono d’accordo.

Il problema è che oggi noi ci ritroviamo non solo un mondo senza più opportunità di svalutazione monetaria “competitiva”, senza più possibilità di nero, con banche che non danno più i soldi a casaccio, con sempre meno gente a contratto a tempo indeterminato e il fisco che azzanna come un Rottweiler. Abbiamo pure un fisco oppressivo che azzanna non solo forte ma più del dovuto.

Ed è l’unico mondo che ci rimane e che ci avete lasciato e dal quale dobbiamo ripartire.

Ecco oggi il marketing è l’unica via naturale alla salvezza e alla prosperità imprenditoriale.

  • Perché con il marketing di Metodo Merenda puoi creare un flusso costante di nuovi clienti e non avere l’ansia di generare flusso di cassa.
  • Perché con il Marketing puoi spiegare ai clienti perché dovrebbero preferire te invece che scegliere qualunque dei tuoi concorrenti, diretti o indiretti. E quindi dirottare verso di te più denaro possibile.
  • Perché è con il marketing che puoi diventare la scelta preferita dei tuoi clienti e imporre i tuoi modi e tempi di pagamento. E questo ti permette non solo di generare fatturato attraverso le vendite, ti permette non solo di generare profitti grazie a un buon ufficio acquisti ma soprattutto ti permette di gestire l’azienda attraverso un equilibrio basato il più possibile sul cashflow operativo. Più cashflow operativo e il meno possibile flussi di cassa di istituti bancari che ti tengono per il collo e possono farti saltare per aria in qualunque momento.

A cosa serve davvero il marketing e perché non è un’americanata

Nel mondo reale, e non in quello dell’Italia drogata, mafiosa, collusa, sfruttata, corrotta con il voto di scambio il business si basa sul marketing. Lo ripeto, un imprenditore vero oggi CHE LO VOGLIA O NO deve essere un esperto di marketing che prende decisioni guardando i numeri. O muore. Fine.

I nostri nonni e i nostri padri si sono mangiati tutto. Stop. Ogni scorciatoia, strategia, trucco, furbata è finita.

Rimane la possibilità di un popolo geniale e dalle risorse ineguagliabili di trasformarsi da popolo di bravi artigiani che tira a campare con qualche sotterfugio e magia finanziaria “creativa” a popolo di imprenditori più importante del mondo.

Io credo fermamente pur formandomi molto all’estero che gli italiani siano in assoluto il popolo più in gamba del mondo. Certo come tutti abbiamo i nostri difetti. Certo a volte mi inalbero quando vedo gente che butta il talento, spreca opportunità o sceglie la strada del sotterfugio e della scorciatoia o della furbizia invece che quella della crescita sana.

Ma le cose che sappiamo fare noi non le sa fare nessuno.

Siamo solo rimasti imbambolati per anni, drogati da un sistema che ci ha tenuti dentro a un bozzolo e convinti che il mondo sarebbe andato avanti sempre con noi bravi artigiani al quale tutti avrebbero chiesto per piacere di dargli da mangiare e di produrgli le cose.

Ma possiamo risvegliarci. Non è così e non deve essere così.

Io non mi occupo di politica, non mi interessa e non me ne voglio interessare. Non mi piacciono le promesse. Mi piacciono i fatti.

E so che le persone più in gamba che abbiamo in Italia a fare i fatti sono le persone che ogni giorno si alzano e fanno in modo di far girare l’economia con la loro p.IVA. È a loro che guardo con stima, ammirazione e affetto.

Ed è a loro che voglio mandare i messaggi corretti affinché possano prendere in mano il controllo delle loro imprese e farle prosperare nonostante il mondo là fuori sia ostile, la concorrenza spietata e lo Stato non sia di aiuto, anzi, spesso mette i bastoni tra le ruote.

E allora se parliamo di fare impresa sul serio, anche se i nostri “vecchi” ci prenderanno sempre in giro bisogna parlare di Marketing. Perché è solo con il marketing e la padronanza di questa disciplina che si può diventare imprenditori completi e decidere del proprio successo e della propria libertà senza dipendere da banche, ruffiani, papponi, ricattatori e senza dover baciare il deretano a nessuno.

Sì perché il Marketing ti permetterà di:

  1. Mantenere i clienti più a lungo e fare in modo che si innamorino di te e della tua attività evitando di tradirti per qualche centesimo con altri fornitori.
  2. Aumentare il numero di clienti che arrivano da segnalazioni spontanee o guidate e quindi creare un business prevedibile e ricorrente.
  3. Apprendere come vendere ai tuoi clienti non più prodotti o servizi ma sicurezza di successo e di soddisfazione, in modo da staccare la concorrenza già dalle premesse iniziali e riempire la tua cassa svuotando la loro.
  4. Migliorare la capacità dei tuoi venditori se ne hai, poiché la vendita oggi accade per un 68% prima che un cliente incontri un venditore e quindi fornirai al tuo team le armi giuste per vincere sul campo di battaglia.
  5. Aumentare il tasso di chiusura delle tue trattative. Con un marketing forte tarato sui tuoi clienti target a parità di prodotto o servizio la maggioranza dei contratti la chiuderai comunque tu.
  6. Imparerai ad aumentare la dimensione delle tue vendite. Venderai più cose, a pacchetto, in budle, imparerai a vendere in una volta sola più quantità di merce o merce correlata e lo farai sempre con un occhio ai numeri.
  7. Aumenterai grazie al marketing la frequenza di acquisto e riacquisto dai tuoi clienti, rendendoli più spendenti verso di te e sempre più fedeli.
  8. Incrementerai ovviamente il numero di potenziali clienti rispetto alla concorrenza. Toglierai dal tavolo da gioco i clienti migliori e lascerai invece volontariamente i clienti problematici, basso-spendenti o che non sono in linea con le tue politiche aziendali.

Questo vero e proprio “Ottagono” del Marketing è il motore che cambierà per sempre le sorti della tua azienda, pur facendo tutto in bianco, pur con uno Stato che non aiuta, pur con il Fisco contro, pur con le banche che inizialmente non ti considerano ma presto verranno a implorarti di prendere un po’ del loro denaro e farne quello che ti pare.

Questa è la mia missione e sono certo che anche tu voglia prendere adesso questa decisione importante di cambiare per sempre il tuo destino imprenditoriale. E anche se all’inizio qualcuno riderà di te (perché devi metterlo in conto) sarà solo con la forza dei risultati che li metterai a tacere una volta per tutte, circondandoti di ammirazione a anche di invidia in alcuni casi.

Ma fa parte delle regole del gioco no?

Quindi tornando alla domanda iniziale, è possibile fare 100.000 € in più al mese nonostante tutto e senza sbragare i prezzi? La risposta sincera è:
“In realtà sì ma non è quello il punto. Era una falsa domanda provocatoria. Non c’è limite a quanto nel tempo e diventando un esperto di marketing tu possa migliorare le performance della tua azienda. È un magnifico gioco a scacchi che non finisce mai, nel quale tu conoscerai le regole del gioco mentre i tuoi avversari vedranno cadere i loro pezzi dalla scacchiera come mosche.”

Quello che posso fare non è trasferirti tutto ciò che ho studiato nel corso degli anni, perché sarebbe inutile e pur impossibile, quanto piuttosto travasarti direttamente le strategie, le campagne, le scorciatoie, i segreti e le tecniche nelle quali ho buttato denaro e sbattuto la testa nel corso di questi anni.

Ti regalerò durante il prossimo corso anni di studi e ricerche in modo che tu non debba perdere e sprecare tutto il denaro che ho investito io, quindi né demoralizzarti o pensare che: “Il marketing è una cosa difficile che non fa per me”.

Ti trasferirò un concentrato di “vitamine sotto steroidi” per tornare a casa e avere un piano di cose pronte all’uso che:

  • devi smettere di fare subito ed evitare di buttarci denaro;
  • iniziare a testare le cose che ti dirò di testare e avere la tua macchina pronta a macinare clienti e denaro in meno di un mese a costi minimi e senza rischi (e tutte le scorciatoie che usiamo nelle mie aziende per accelerare i processi come nessun altro è in grado di fare!);
  • ogni singola azione di successo che abbiamo testato nell’ultimo anno! Siamo pazzi, mostriamo tutto! Il mondo corre e ciò che funzionava prima non è detto che funzioni per la tua azienda ora. Lo sai che i costi delle campagne su internet sono aumentati del 43% nell’ultimo anno e che questo dato peggiorerà sempre di più? E vuoi sapere o no come reagire prima di scoprire per l’ennesima volta come tuo padre prima di te che “quello che abbiamo sempre fatto così ora non funziona più?”;
  • smetterla di sentirti il “figlio scemo” e diventare colui che creerà un’azienda di successo come mai nessuno prima di te ha saputo fare nella tua famiglia…anche se giocava una partita truccata!

Ci vediamo a Lubiana. Clicca sul banner qui sotto. Ti aspetto.

 

 

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16 comment

  1. Alessandro Pinzani
    • Frank Merenda
  2. Gabriele
    • Frank Merenda
  3. Nicolas
    • Frank Merenda
  4. Gianluca Ginottini
    • Frank Merenda
    • Frank Merenda
    • Frank Merenda
    • Frank Merenda
  5. Costantino
    • Frank Merenda