Come trasformare una delle peggiori idee che siano mai balenate nella testa di un imprenditore… in un business stratosferico senza limiti di espansione

forza del brandOggi niente teoria. Facciamo parlare le azioni. In particolare quelle di Claudio, un studente di Metodo Merenda. Sono certo che la sua case history ti risulterà estremamente utile, oltre che lasciarti folgorato.

Devi sapere che Claudio, diversi anni fa, ha avuto la malsana idea di aprire un colorificio in provincia di Asti. Più precisamente, a Nizza Monferrato.

Ma cos’è un colorificio? È un cavolo di capannone con delle vetrine, dove entri e ci sono delle tristissime latte di vernice. Come gli è venuto in mente di aprire un colorificio nel bel mezzo del nulla? Non voglio assolutamente avventurarmi in quella valle oscura.

Ahimè, all’interno del capannone, nascosto in mezzo alle latte, si cela un problema.

Il problema è che le stesse latte di vernice le trovi dall’altro rivenditore due, tre, quattro chilometri più in là.

Claudio è venuto da me in cerca di una soluzione per sistemare la sua azienda, così mi ha esposto il suo modello di business. Al che ho cominciato a sudare freddo. Se avessi una coscienza, quello sarebbe stato il momento in cui avrei accusato un rimorso per avergli fatto pagare la consulenza.

E adesso cosa insegno a questo tizio? Gli insegno a vendere di più? A costruire un brand? A diventare un’autorità? A scrivere copy? A gestire i numeri? Che cosa possa insegnare a uno che sta a Nizza Monferrato…

Ha un bacino di utenza costituito da tre case e un campanile, su chi può fare le campagne di marketing a risposta diretta? Su quei quattro gatti dei monferratesi?

E poi cosa vuole brandizzare? Cosa brandizza, se i prodotti non sono suoi? “Il primo colorificio che apre presto la mattina!“. Che cosa vuoi brandizzare? Ti rendi conto che non c’è modo?

Okay okay… mi ricompongo.

Ma non mi ricompongo neanche più di tanto. Ho poco da ricompormi! È il business model di Claudio a non avere alcun senso.

Non c’è niente da brandizzare. Anche se Claudio fosse andato da Al Ries, avrebbe beccato un: “Torna pure a casa tua! Che cosa vuoi brandizzare? La rivendita di prodotti che hanno altri, che poi la gente può comprare dalla concorrenza a pochi metri di distanza?”.

Quindi non è colpa della crisi o dell’invasione delle cavallette… Semplicemente,  il business model non ha ragione di esistere. Non riesci a cavarci niente.

Perciò, dopo il primo momento di sconforto, in cui ho pensato di Claudio tutte le peggiori cose possibili (ovviamente scherzo, se avessi altri 10 studenti come Claudio, potrei conquistare il mondo con la mano sinistra)…

Insomma dicevo… ci siamo rimboccati le maniche e, insieme a Claudio, abbiamo trovato la soluzione al rebus.

Qual era la soluzione in questo caso? Un prodotto Private Label.

Cosa vuol dire? Significa avere un prodotto con il proprio marchio.

Quindi il brand sul quale abbiamo lavorato non è il colorificio. Il colorificio non è scalabile. È geolocalizzato in una zona piccola. È un business privo di senso.

Che cosa è scalabile invece? Un prodotto. E quindi lo abbiamo creato in private label, utilizzando una formulazione particolare.

Fai bene attenzione. Claudio non ha aperto il capannone con il laboratorio chimico che fa la vernice. Si è fatto produrre una vernice. Sono due cose diverse. Claudio è proprietario del brand… NON dello stabilimento!

È il brand quello che conta. È il brand che ha valore e cresce nel tempo in maniera esponenziale. Non lo stabilimento. Non il processo di produzione.

Ci sei? Il brand di Claudio è “Pinkaolin”. Pay off: “Più bianco in meno tempo con la formula segreta al caolino”.

Si tratta di una nuova vernice particolare, che copre molto di più in meno tempo.

Sarebbe il Dash delle vernici: “Fa più bianco”. Ti ricordi quella vecchia pubblicità nella quale una signora si rifiuta di scambiare il suo Dash con due fusti di detersivo scadente della concorrenza? Ecco, è la stessa cosa. Al posto del detersivo abbiamo la vernice, ma il concetto di fondo non cambia di una virgola.

Il visual hammer che abbiamo utilizzato è il colore rosa shocking. Per quale motivo? Perché sugli scaffali di un negozio di vernici, un muro di latte rosa shocking sicuramente si vede. Risalta e permette al prodotto di Claudio di spiccare in mezzo agli altri. La latta è bianca. Il rosa shocking dell’etichetta è il visual hammer.

Sfruttare il colore della confezione è infatti uno dei modi per creare un visual hammer. Noi, in questo caso, abbiamo optato per la sua creazione in termini di colore, perché deve essere qualcosa di visivo, dal momento che si tratta di un prodotto da esposizione. Quindi il packaging è molto importante.

Allo stesso tempo, però, non volevamo cambiare il formato del packaging. Avremmo dovuto abbandonare la latta tonda e farne una quadrata. Sarebbe stato eccessivo. Per questo motivo, abbiamo puntato sul fattore colore come visual hammer.

Inoltre, abbiamo inserito una forte garanzia. “Ma come, la garanzia sulla vernice?”. Certamente, è un passo obbligatorio.

“100% Garantito. Soddisfatto o rimborsato. La prima pittura garantita al 100%”. Funziona così: tu vieni, prendi la latta, la porti a casa, la provi, ci fai una parete di tot metri e se non ti piace l’effetto sulla tua parete, me la riporti e ti ridò i soldi  (oppure prendi un’altra latta delle vernice che preferisci).

Come vedi, neanche il settore delle vernici è differente. Funziona esattamente allo stesso modo di tutti gli altri.

Sopra la latta abbiamo inserito addirittura lo storytelling. La storia a fumetti di come è stata creata casualmente la formula. C’è tutta la storia:

“La nostra fornitura è andata a male, ci siamo sbagliati, c’è caduto questo ingrediente nel fustone e, invece di uscire fuori il Joker di “Batman”… è uscita fuori una vernice particolare. L’abbiamo provata per sfizio, prima di buttare tutta la fornitura – ed è emerso che teneva meglio, era più idrorepellente e quant’altro. Quindi abbiamo deciso di commercializzarla.”.

La storia viene spiegata con un fumetto sulla latta.

Forse ti stai chiedendo come abbiamo scelto il nome del nuovo brand…

Si chiama Pinkaolin perché abbiamo creato la crasi: “Pittura al caolino”. Quindi abbiamo utilizzato la parola “pink” in mezzo per riagganciarci il visual hammer, in modo che fosse più semplice.

Et voilà… questo prodotto è in vendita all’interno del negozio di Claudio. All’inizio l’ha fatto in maniera artigianale. Ricordo quando mi mandava i filmati di lui che attaccava singolarmente le etichette sulle latte.

Adesso le fa produrre e arrivano già pronte. Non so se te ne rendi conto, ma Claudio con Pinkaolin è passato dall’essere intrappolato nella peggior attività di questo mondo, a essere proprietario di un brand a prova di bomba, costruito attorno a un business model fantastico, assolutamente scalabile e senza alcun limite di espansione.

Significa che può essere tranquillamente esportato in tutto il mondo. Questa è la potenza del branding applicata a un business model che abbia un senso. Questa è la magia dei concetti, che svelerò ai partecipanti di Marketing Merenda, che si crea quando queste formule finiscono nelle mani di una persona con gli attributi, come Claudio.

La metto giù male. Se domani il negozio di Claudio dovesse fallire… per lui non sarebbe un problema.

Hai capito bene. Il suo negozio potrebbe anche fallire e lui ne verrebbe sfiorato solo di striscio. Com’è possibile? È possibile perché in questo gioco NON è importante il singolo punto vendita. Il modello si può replicare in tutta Italia.

Posso decidere se cederlo eventualmente a dei distributori e si può vendere tranquillamente in tutto il mondo. Per un imprenditore, questo significa avere in mano l’asset più importante che consente di dormire finalmente sogni tranquilli (e di gloria allo stesso tempo). Perché il prodotto ha una formulazione particolare, c’è il codice segreto, ecc…

Ho creato un brand che può essere duplicato e scalato in tutto il mondo. L’obiettivo è l’espansione a livello mondiale. Non significa comportarsi da fanatici. Significa semplicemente avere la consapevolezza che questa è la funzione dei brand: essere esportati in tutto il mondo.

Adesso ci arrivano le latte. Procediamo con i vari test all’interno del primo centro. Poi cominceremo a venderlo fuori. Avvieremo la distribuzione. Poi, mano a mano, potremo andare anche negli altri Paesi europei. E così via…

Ma non è finita qui. C’è un piccolo particolare di cui ancora non ti ho parlato, ma che sono certo potrebbe destare il tuo interesse, visto che è di una certa rilevanza. Infatti, uno degli aspetti interessanti di questa operazione è che Claudio in precedenza, vendendo le vernici di altri all’interno del suo negozio, a parità di latte vendute aveva un margine del 20%.

Su Pinkaolin, lui ha un margine del 70%.

Quindi, ogni volta che vende una latta della sua Pinkaolin, è come se ne vendesse tre e mezzo di quelle che ammorbavano il suo magazzino in precedenza. I suoi margini sono passati dal 20 al 70%. Mica male!

Per capirci, significa che può vendere un terzo e comunque guadagnare più di prima. In questo modo, ha messo in sicurezza il suo business. Claudio adesso ha tra le mani un business fantastico, sul quale costruire il suo futuro!

Il negozio è diventato il centro pilota dal quale partire. È diventato uno strumento, non il fine ultimo della sua attività.

Il brand è infatti il tuo patrimonio. Ha un valore che aumenta nel tempo. Il negozio no. Chi te lo compra un negozio? Per quale motivo ti dovrebbero comprare? È più semplice farti fallire e aprirti di fianco.

Spero che ti renda conto, una volta per tutte, che un negozio che vende roba di altri NON ha valore. Il tuo brand sì.

Se domani volessi fare cash-out, come ha fatto Grom ad esempio nel 2015, devi avere il tuo brand. Non c’è differenza tra il gelato e la vernice. È la stessa cosa. Entrambi i business si basano sulla creazione di un brand forte. Grom ha creato l’esperienza di farti sentire fighetto mentre mangi un gelato da loro, piuttosto che in una gelateria del paesiello. Hanno creato quello, non altro. Tutto lì.

Tutti possono creare un brand seguendo l’esempio di Claudio? In teoria sì. A livello pratico, però, è necessario possedere alcune caratteristiche fondamentali, che separano Claudio da una moltitudine di imprenditori che non riusciranno mai a raggiungere i propri obiettivi.

Innanzitutto, Claudio ha accettato che io gli dicessi senza peli sulla lingua: “Il tuo business non ha ragione di esistere al mondo. Se vuoi portare a casa la pelle, c’è bisogno che facciamo un altro gioco”.

La maggior parte degli imprenditori non avrebbe accettato questo dato di fatto e tutto sarebbe stato inutile. Le persone, in generale, vogliono ottenere risultati diversi continuando a fare le stesse cose. Questo non è possibile. Puoi far finta che sia fattibile quando scrivi il tuo copy per attirare un po’ di gonzi, ma quando si tratta della tua vita e di fare i conti con la realtà, sappi che tutto ciò non è possibile.

Claudio si è rimboccato le maniche, ha trovato i fornitori e ha fatto tutto ciò che serviva per dare vita a Pinkaolin. Applicare il principio “Non lo facciamo, non lo vendiamo”, non significa mettere in piedi un laboratorio chimico e farsi la vernice da soli. Claudio non ha fatto questo, se le fa produrre in private label. Quindi o sei un produttore (ma non è necessario), o ti fai realizzare prodotti a marchio tuo da terzi, che seguiranno la tua formulazione e le tue indicazioni.

Per oggi siamo in chiusura, ma prima di lasciarti voglio assicurarmi che la lezione di oggi ti sia ben chiara. Devi vendere SOLO cose che promuovano il tuo brand.

L’unica cosa che ha davvero valore in un’azienda, è il brand. Se sei rimasto affascinato dalla storia di Claudio, sogni di costruire la tua azienda secondo i principi corretti e vuoi partire alla conquista del mondo con il tuo brand, allora è tempo di passare all’azione.

I tuoi sogni possono divenire realtà, ma nulla accadrà se rimani fermo a rimuginare seduto sul divano. A breve terrò un corso al quale parteciperanno tutti quegli imprenditori affamati di risultati e battaglieri che, come te, vogliono dimostrare che il momento economico sfavorevole, la crisi, eccetera, sono solo delle scuse accampate da chi non sa fare impresa nella maniera corretta.

Il corso si chiama Marketing Merenda e, se vuoi raggiungere il prossimo livello come imprenditore e far prosperare la tua azienda oltre i tuoi sogni più reconditi, non puoi assolutamente mancare.

Il futuro è luminoso e aspetta solo di essere conquistato. CLICCA QUI se vuoi venire con noi a complottare su come spartircelo. Ti aspetto in aula!

Scrivi qui i tuoi commenti

55 comment

  1. Alessandro
    • Frank Merenda
      • Alessandro
      • Marco R.
        • Frank Merenda
          • Marco R.
  2. Antonella
    • Frank Merenda
      • Antonella
        • Frank Merenda
    • Frank Merenda
        • Frank Merenda
  3. Lucia Filippetti
    • Frank Merenda
  4. Giuseppe S.
    • Frank Merenda
      • Giuseppe S.
  5. Giuseppe S.
  6. Giuseppe S.
  7. ivano
    • Frank Merenda
      • ivano
    • Frank Merenda
  8. Peter
    • Frank Merenda
  9. Luca
    • Frank Merenda
      • Luca
        • Frank Merenda
  10. Francesco
    • Frank Merenda
  11. Luigi
    • Frank Merenda
  12. davide
    • Frank Merenda
      • davide
        • Frank Merenda
    • Frank Merenda
    • Frank Merenda
  13. Marco
    • Frank Merenda
  14. Cristian
    • Frank Merenda
  15. luca
    • Frank Merenda
  16. caterina
    • Frank Merenda
  17. Paolo
    • Frank Merenda